Preghiera di san Francesco d’Assisi (1181-1228):

Tutta l’umanità trepidi, I’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo.

 O ammirabile altezza e degnazione stupenda! 

O umiltà sublime!

O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane!

Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati.

Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre.

Francesco d’Assisi, Lettera a tutto l’Ordine            (FF 221)[1]

 

Inizio questa catechesi facendo due premesse.

La prima è la seguente: per ciascun sacramento cercheremo, in primo luogo, come abbiamo fatto la volta scorsa, di capirne il significato etimologico, in secondo luogo il suo fondamento biblico, in terzo luogo l’aspetto liturgico e, da ultimo, la dimensione spirituale.

La seconda premessa: quando presentiamo i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana, l’ordine è il seguente: battesimo, confermazione (o cresima) ed eucarestia. Questo ordine indica la successione con cui, nella stessa celebrazione, all’inizio dell’era cristiana e nei secoli successivi, venivano conferiti i tre sacramenti.

Col passare del tempo e con le nuove esigenze pastorali si è giunti a differenziare l’amministrazione dei tre sacramenti in tre celebrazioni distinte e con questa nuova sequenza: battesimo, eucarestia e confermazione. Questo è l’ordine con il quale tutti noi abbiamo ricevuto i sacramenti iniziali della fede.

Affrontiamo ora il tema del sacramento dell’Eucarestia.

 

L’EUCARESTIA… la nostra vita!

 

Leggo un passo del documento conciliare “Presbyterorum ordinis”:

“Tutti i sacramenti, come pure tutti i ministeri ecclesiastici e le opere d’apostolato, sono strettamente uniti alla sacra eucaristia e ad essa sono ordinati (38). Infatti, nella santissima eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa (39), cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua, lui il pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante dà vita agli uomini i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire assieme a lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create. Per questo l’eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione” (PO 5).

 

  1. Che cosa vuol dire la parola “eucarestia?” [2]

Il temine “eucarestia” deriva dalla lingua greca e significa “rendimento di grazie”, rendere grazie.

Nel racconto dell’ultima cena fatto dagli evangelisti e da san Paolo, seppur troviamo due termini diversi come “eucharistein” (Lc 22,19: Poi, prese un pane, rese grazie e lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”; 1Cor 11,24: Il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: “Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me”), e “eulogein” (Mt 26,26: “Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo”) entrambi i termini indicano la medesima azione che Gesù compie quella sera: rendere grazie al Padre.

Un’azione, quella di Cristo, che ricordava le benedizioni ebraiche che il popolo proclamava e rivolgeva a Dio per le opere compiute: la creazione, la redenzione e la santificazione.

Celebrare l’eucarestia, la santa messa, è compiere un’azione di grazie, ovvero rendere grazie a Dio per le opere compiute, che trova origine nella liturgia del popolo ebraico. Ogni volta che partecipiamo alla santa messa, siamo invitati a rendere grazie a Dio per l’opera della creazione e della salvezza, senza dimenticare tutti gli interventi che Egli compie nella vita personale di ciascuno di noi e le grazie che continuamente elargisce.

Giunti a questo primo punto della catechesi, credo sia pertinente porci anche le seguenti domande:

Come viene chiamato questo sacramento?

Quali sono i nomi con i quali solitamente siamo abiutati ad indicare l’eucarestia?

Oltre al termine eucarestia, questo sacramento è chiamato anche:

  • Cena del Signore.

Perché, con questa definizione, si fa riferimento alla cena del Signore consumata assieme ai suoi discepoli nella notte che precede la sua passione.

  • Frazione del pane.

Durante l’ultima cena il Signore prese il pane e lo spezzò. Questo gesto sará molto importante per i discepoli per riconoscere il Signore risorto, quando egli lo compirá nuovamente dopo la risurrezione (ad esempio: con i discepoli di Emmaus[3]).

Inoltre si vuole anche designare le assemble liturgiche nelle quali tutti coloro che vi prenderanno parte mangeranno dell’unico pane spezzato dal sacerdote in persona Christi.

  • Memoriale.

Questo termine indica non solo ciò che nostro Signore ha, lui personalmente, fatto nell’ultima cena, ma l’attualizzazione della salvezza che si realizza durante ogni celebrazione della messa.

  • Santo Sacrificio.

Queste parole indicano subito che cosa esse intendono dire. L’eucarestia è il santo Sacrificio di Gesù Cristo. Sacrificio unico di Gesù per la salvezza dell’umanitá, per la salvezza di tutti noi. Cristo si è sacrificato una volta e per sempre a nostro favore[4].

  • Comunione

Questo è il termine più usato e indica che tramite questo sacramento ci uniamo a Cristo, formando un solo corpo. Una comunione che tramite Cristo viene vissuta con tutta la Santissima Trinità, con  la Chiesa cattolica presente in tutto il mondo ed esprime il desiderio di volersi unire a tutti i fratelli e sorelle della terra, in quanto figli e figlie dell’unico padre: Dio.

  • Santa Messa.

Indica la liturgia nella quale il sacrificio di Cristo si compie, lo si celebra e vi si partecipa.

Il termine “messa” deriva dal latino “missio” cioè “essere inviati”.

Quando pronunciamo le parole “santa messa” o semplicemente “messa” indichiamo anche il compito che tale celebrazione sacramentale conferisce a noi,  inviati ad annunciare e testimoniare Cristo nelle “cose” del mondo, nella vita quotidiana.

  • Infine, altri nomi che indicano l’eucarestia sono: Sacramento di pietà, Segno di unità, Vincolo di carità, Convito pasquale, Pegno della gloria futura.
  1. Qual’è il fondamento biblico dell’eucarestia? Ovvero quali sono i passi di riferimento della Sacra Scrittura?[5]

Non è possibile comprendere il significato dell’eucarestia se non nel quadro della storia della salvezza. Le parole e i gesti compiuti dal Signore, durante l’ultima cena, si presentano come realizzazione delle promesse dell’Antico Testamento e delle attese del popolo d’Israele.

L’eucarestia non si realizza in maniera isolata dal contesto religioso ebraico e senza alcun riferimento al passato; essa si pone come convergenza di una serie di eventi e accadimenti che l’hanno preceduta. Tali eventi sono: la pasqua di liberazione, il sacrificio di alleanza, il banchetto di comunione e la dimora di Dio in mezzo al suo popolo.

La pasqua di liberazione.

Inizialmente la festa ebraica della pasqua era collegata con la primavera, periodo di maturazione delle prime spighe d’orzo, e con l’offerta dei pani azzimi. Successivamente, con l’evento della liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto (Dt 6,2-22; 26,5-8; Gs 24,3-7), diventa ricordo della libertà acquisita. Questo fatto costituirà l’evento centrale della storia del popolo eletto.

Ogni anno il popolo si ritroverà a celebrare la libertà ricevuta come passaggio dalla schiavitù alla terra promessa[6].

Tutti i simboli di quella notte, notte di liberazione, come: l’agnello immolato e consumato, il cui sangue contrassegnò gli stipiti delle porte a protezione contro l’Angelo sterminatore, la manna donata da Dio nel deserto e l’acqua sgorgata dalla roccia, li ritroviamo nella celebrazione eucaristica, dove Gesù è l’Agnello immolato, la manna è il pane spezzato e il vino è simbolo del sangue, insieme all’acqua, sgorgata non più dalla roccia ma dal costato di Cristo, che purifica dai peccati.

Il sacrificio di alleanza.

L’allenza, che Dio stipula con il popolo d’Israele, e, attraverso essa, con tutta l’umanità, è l’opera per eccellenza che contrassegna tutta la storia della salvezza. Un’alleanza che si presenta con il suo carattere irrevocabile. Ciò che Dio compie per la salvezzza dell’uomo è irrevocabile.

Dio stringe un patto d’amore con il suo popolo, durevole nei secoli. Esso si realizzerà definitivamente nel dono totale del suo Figlio unigenito, sulla croce.

Questo rito di allenza che Dio stipula, lo realizza con il sangue.

Il primo patto, compiuto da Dio, avviene con Abramo, quando chiede il sacrificio del figlio Isacco (Gen 22,1-19); poi con Mosè sul monte Sinai, dopo che egli ha offerto olocausti e asperso con il sangue l’altare (Es 24,1-8) e infine con il sacrifcio di Gesù Cristo sulla croce.

Oggi, nella celebrazione dell’eucarestia, Dio continua ad essere fedele al suo patto attraverso il dimorare di Cristo in coloro che credono in Lui, che si realizza con la comunione al corpo e sangue del Signore.

Il banchetto di comunione.

La prima pasqua, ricordo del passaggio dalla schiavitù alla libertà, veniva celebrata sia come sacrificio e alleanza sia come mensa: pasto da consumare insieme, a significare l’unione stabilita con Dio.

I profeti annunceranno, più volte e in diversi modi, un’alleanza messianica paragonandola ad una tavola imbandita (Is 25,6; 55,1-3). Con i profeti Osea ed Ezechiele e nel Cantico dei Cantici si arricchirà del simbolismo nuziale: l’alleanza sarà concepita come un banchetto nuziale i cui partecipanti sono Dio e il Popolo.

Vi è come un filo d’oro che collega il banchetto dell’esodo a quello del Sinai, a quello dell’ultima cena, fino ai vari banchetti eucaristici che la Chiesa ha celebrato e continuerà a celebrare, per giungere, infine, al banchetto eterno della Gerusalemme Celeste.

La dimora di Dio in mezzo al suo popolo.

Il banchetto durante il quale si realizza l’alleanza tra Dio e il suo popolo, richiama un’altra dimensione biblica importante: quella della dimora di Dio in mezzo alla sua gente. In tutta la storia della salvezza Dio si rende presente.

Nel libro del profeta Ezechiele leggiamo:

“In mezzo a loro sarà la mia dimora. Io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo” (37,27).

Noi vediamo la presenza e la dimora di Dio nella creazione, nel cosmo da lui abitato, in Israele con la legge, in particolare con i Dieci comandamenti e con l’arca dell’alleanza (Es25, 10-22), fino all’incarnazione del Figlio nel grembo della Vergine Maria (Mt 1,22-23).

Dimora che Egli, dopo la risurrezione del Figlio unigenito, incarna nella Chiesa attraverso i sacramenti, e in maniera speciale ed unica nell’Eucarestia.

Questa dimensione biblica della “dimora di Dio in mezzo al suo popolo”, e attraverso i cristiani, in ogni parte del mondo, sottolinea che il Signore cammina con il suo popolo. Lo guida e lo accompagna verso l’Alleanza eterna, l’Alleanza dei Cieli nuovi e Terra nuova[7].

La celebrazione ebraica, vista come evento di pasqua di liberazione, sacrificio di alleanza, banchetto di comunione e dimora di Dio, si presenta con una forte carattersitica di ammirazione per le meraviglie compiute da Dio, diventando una vera e propria professione di fede, con un atteggiamento di abbandono fiducioso alla sua immensa tenerezza e, di conseguenza, una richiesta di perdono per l’infedeltà vissuta nei confronti dell’alleanza.

Questo contesto celebrativo della pasqua ebraica diventa anche il contesto dell’eucarestia, in cui non solo, come fa Israele, si loda Dio per le opere compiute nel passato, ma anche – e soprattutto – lo si ringrazia per l’opera di salvezza che Egli compie ogni volta che tale celebrazione viene vissuta dai battezzati.

L’isituzione dell’eucarestia.

È in questo contesto ebraico che si inserisce la celebrazione della Pasqua di Gesù Cristo.

I testi riguardanti l’istituzione dell’eucarestia, che ci sono stati trasmessi dagli evengelisti sinottici e da san Paolo, hanno vissuto un triplice processo della fede pre- e post-pasquale: il tempo di Gesù (l’ultima cena vissuta dal maestro con i suoi discepoli), il tempo della Chiesa (la liturgia che si è realizzata e in qualche modo stabilita nell’ambiente palestinese, antiocheno e in tutto il bacino mediterraneo) e il tempo degli scritti evangelici[8].

Inoltre, pur presentando delle differenze, le recensioni concordano in alcuni punti fondamentali, come scrive il teologo Carlo Rocchetta:

“1) tutte si riferiscono ad una cena di Gesù con i suoi in un contesto pasquale;

 2) tutte sottolineano i due riti tipici del pasto giudaico sul pane e sul vino: la benedizione e distribuzione del pane, l’offerta del calice ai commensali;

 3) tutte rivelano come il Signore abbia posto in relazione il pane al suo corpo “dato per” e il vino al suo sangue “versato per”;

 4) tutte lasciano intravedere un profondo legame tra l’ultima cena e il mistero della pasqua di Cristo: egli è il Servo di YHWH che dona la sua vita in riscatto dei “molti” (Is 53,12);

5) tutte, sia pure con accentuazioni diverse tra Paolo/Luca e Marco/Matteo, suppongono una relazione essenziale tra la cena di addio e il banchetto escatologico: la comunità riunita attorno a Gesù rimanda alla communità messianica dei tempi ultimi;

6) tutte le recensioni, infine, per il loro carattere liturgico suppongono che la celebrazione della “cena del Signore” sia una realtà già in atto nella comunità, ancor prima della testimonianza datante degli autori neotestamentari”[9].

Infine i quattro testi sacri vengono classificati secondo due tradizioni: Marco e Matteo sono più fedeli alla forma della celebrazione eucaristica in atto nelle comunità palestinese e al relativo linguaggio, mentre Paolo e Luca sono più fedeli all’ordine della celebrazione pasquale ebraica nelle comunità antiochene.

Entrambe le tradizioni sono datate tra gli anni 40 e 45 d.C.

Se, da una prima analisi filologica, il testo di Paolo sembrerebbe risultare il più arcaico ( la redazione scritta si riferisce ad una tradizione letteraria che egli aveva ricevuto verso il 40 d.C. e che aveva trasmesso verso il 51 d.C.), il testo di Marco risulta, in realtà, più antico perché, seppur redatto più tardi rispetto a quello di Paolo, si esprime, dal punto di vista filologico, in una forma letteraria antecedente[10].

 

Entriamo ora nel contesto della cena del Signore: l’Ultima cena.

Il Signore ha celebrato la “sua” pasqua come annuncio della sua passione-morte-risurrezione, nello stesso periodo della pasqua ebraica. Ciò indica due aspetti: la sua fedeltà alla tradizione giudaica e il fatto che non possiamo comprendere la nostra pasqua cristiana prescindendo dall’ambiente della fede ebraica con cui i giudei celebravano la pasqua.

“La cena paquale si svolgeva nelle case nella forma di un pasto familiare e aveva il suo culmine nella consumazione dell’agnello immolato poche ore prima; essa era preceduta da alcuni riti preparatori e seguita da altri conclusivi.

Dopo il tramonto del sole, quando i commensali – almeno in numero di dieci – avevano preso posto a tavola, il capofamiglia dava inizio alla celebrazione, benedicendo Dio (“Benedetto sei tu, YHWH, nostro Dio, che hai creato il frutto della vita!”) e mescendo la prima coppa di vino, temperata con acqua. Dopo che tutti ne avevano bevuto, si svolgeva il rito dell’abluzione della mano destra, mentre venivano portate sulla mensa le erbe amare – destinate a ricordare il cibo d’Egitto – condite con harroseth (salsa a base di datteri, fichi, mandorle, vino; di colore biondo-rossastro, che richiamava i commensali quel fango con cui in Egitto gli israeliti avevano preparato i mattoni; cf. Gv 13,26); due pani azzimi e l’agnello pasquale, tutto intero, arrostito.

A questo punto il padre di famiglia, prendendo in mano i pani, li alzava in alto, dicendo: “Questo è il pane della miseria, che i nostri padri hanno mangiato in Egitto. Chi ha fame si accosti! Chi ha bisogno, venga e celebri la pasqua!” nel frattempo era scesa la notte e occorreva far luce; si accendevano perciò le lampade, previa una benedizione: “Sii Benedetto, Signore e Dio nostro, che hai creato le lampade di fuoco”.

Riempita una seconda coppa, il più giovane dei presenti doveva chiedere: “Perché questa notte è tanto diversa dalle altre?”. Gli rispondeva il padre di famiglia, facendo la storia (haggadah) dei grandi interventi di Dio in favore del suo popolo: da Thare, padre di Abramo, alla liberazione d’Egitto, alla promulgazione della Legge; spiegava poi il significato dell’agnello, delle erbe amare e del pane azzimo, e concludeva esortando a lodare di tutto il cuore il Signore: “Cantiamo dunque dinanzi a lui, Alleluja!”.

Dopo questo primo atto si recitava la prima parte dell’Hallel minore comprendente i Salmi 113-114, mentre si faceva girare la seconda coppa di vino. Seguiva, a questo punto, un’altra lavanda delle mani, la più importante, servita di solito dal più giovane dei commensali.

Finite la lavanda il capofamiglia prendeva uno dei pezzi azzimi, lo spezzava e lo benediceva dicendo: “Benedetto sei tu, o Signore nostro Dio, Re del mondo, che fai produrre il pane delle terra”; quindi ne gustava egli per primo e lo distribuiva ai presenti. A questo punto, iniziava la cena propriamente detta, si consumava l’agnello arrostito con le erbe amare e gli altri cibi preparati, avvertendo tutti che l’ultimo boccone doveva essere delle carni dell’agnello.

Conclusa la cena, ci si lavava le mani e si mescolava la terza coppa di vino, dopo che il capo di tavola l’aveva benedetta con una formula particolarmente solenne e a cui i commenali rispondevano: “Benedetto colui che ci ha dato di partecipare ai suoi bene”.

Negli scritti rabbinici questa terza coppa era chiamata “calice di benedizione”.

Seguiva il canto della seconda parte dell’Hallel minore (Sal 115- 118) e dopo due brevi preghiere di lode si intitolava l’Hallel maggiore (Sal 136); intanto girava una quarta coppa di vino, la più memorabile, detta il calice della pasqua o il calice dell’Hallel.

La celebrazione terminava con un’eulogia di ringraziamento”[11].

Nel quadro della celebrazione della pasqua ebraica, Gesù inserisce e istituisce l’eucarstia probabilmente in parallelo con la benedizione del pane e della terza coppa di vino.

Invece nel quarto vangelo, il vangelo di San Giovanni, non si trova scritto, a differenza dei Sinottici e di san Paolo, il racconto della prassi eucaristica. Molto probabilmente Giovanni decise di non riportare il racconto dell’ultima cena perché le sue comunità già lo conoscevano. Un’altra probabile spiegazione era che egli desiderava far comprendere il valore dell’eucarestia nell’insieme dell’esistenza del Signore. Tutta la vita del maestro si presenta, si manifesta come eucarestia: pane spezzato e vino versato per la salvezza dell’Umanità.

In questa luce vanno compresi i due testi “eucaristici” di Giovanni: il discorso sul pane di vita (Cap. 6) e il testamento di addio, dove è descritta la lavanda dei piedi (Cap. 13-16)[12].

 

  1. Come si celebra il sacramento dell’eucarestia? E, quindi, quali sono i simboli dell’eucarestia?

Se, da un lato, queste domande possono sembrare inutili in quanto tutti i fedeli, che partecipano alla santa messa, conoscono sia la liturgia che il suo svolgimento, dall’altro lato penso che possa essere opportuno, nel quadro di questa catechesi, soffermarsi sulla struttura della celebrazione eucaristica, per aiutare meglio a viverla con maggiore coscienza e desiderio.

La santa celebrazione eucaristica, cosi come si presenta, è strutturata in quattro parti: una parte introduttiva, due centrali chiamate “mensa della parola” e “mensa eucaristica” e una quarta ed ultima parte conclusiva.

Esaminiamo ora le quattro parti della messa.

Introduzione.

Preparazione.

È importante prepararsi alla celebrazione della messa, con un atteggiamento di raccoglimento che l’anticipa.

Non possiamo arrivare alla santa messa in fretta e furia. Occorre prepararsi per evitare che, arrivando in Chiesa, la testa e il cuore siano ancora immersi in ciò che si è fatto precedentemente.

All’inizio della celebrazione siamo inviatati dal sacerdote a fare il segno di croce nel nome della Trinità: perché? Perché ciò che si sta per celebrare avviene nel mistero della Trinità.

Poi vi è il saluto da parte del ministro sacro.

È il momento sia per scambiare il saluto con il sacerdote, che rappresenta Cristo, sia anche per accogliersi gli uni gli altri, in compagnia dei quali si vivrà l’eucarestia.

Infine, l’atto penitenziale per chiedere a Dio il perdono dei peccati.

Non possiamo partecipare ad un banchetto sporchi, bisogna lavarsi e indossare l’abito più bello o più appropriato.

La preghiera di colletta termina la parte introduttiva e dà inizio alla liturgia della parola, definita “mensa della parola”.

 

Mensa della Parola di Dio.

Perché è definita cosi? Perché la parola di Dio nutre l’anima. Essa si presenta come cibo.

In questo momento della celebrazione vengono proclamate tre letture: una dell’Antico Testamento e due del Nuovo Testamento, tra cui il Vangelo.

A seguire vi è l’omelia, il credo, per professare la fede, e la preghiera dei fedeli.

La parola di Dio è una parola particolare perché è viva ed efficace.

Viva: genera vita e nutre. Quante volte, in alcuni momenti particolari dell’esistenza, è stata una sicurezza, un baluardo, una luce, un conforto, un’aiuto che ci ha permesso di andare avanti!

Efficace: cioè la parola di Dio realizza quello che esprime. Per esempio:

Il mio Dio provvederà a ogni vostro bisogno, secondo la sua gloriosa ricchezza, in Cristo Gesù.” (Fil 4,19).

……Raccontare l’esperienza dei cioccolattini al supermercato……

 

Mensa eucaristica

Con l’offertorio si dà inizio alla terza parte della messa, chiamata “mensa eucaristica”, dove avviene la consacrazione del pane e del vino in corpo e sangue di Cristo e, successivamente, la santa comunione.

L’offertorio: qual è il suo significato? Che cosa si offre e perché?

Principalmente vengono offerti il pane e il vino.

Essi rappresentano il lavoro dell’uomo e della donna, ovvero simboleggiano la loro vita.  Con l’offertorio si chiede a Dio che egli possa prendere la vita dei fedeli presenti alla santa messa e tranformarla, attraverso lo Spirito Santo, nella vita del Figlio.

Su quell’altare vi sarà, dopo la consacrazione, sia il Corpo di Cristo sia la vita delle persone.

Segue la preghiera eucaristica che consacra il pane e il vino in corpo e sangue di Cristo, attraverso due gesti importanti del sacerdote: pronunciare le stessa parole di consacrazione dette da Gesù durante l’ultima cena:

“PRENDETE, E MANGIATENE TUTTI: QUESTO É IL MIO  CORPO OFFERTO IN SACRIFICIO PER VOI.

Dopo la cena, allo stesso modo, prese il calice e rese grazie, lo diede ai suoi discepoli, e disse:

PRENDETE, E BEVETENE TUTTI: QUESTO É IL CALICE DEL MIO SANGUE PER LA NUOVA ED ETERNA ALLEANZA, VERSATO PER VOI E PER TUTTI IN REMISSIONE DEI PECCATI. FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.”

e imporre le mani sulle offerte.

Seguono, in successione, la preghiera del Padre Nostro, il segno della pace (facoltativo), la recita della formula dell’Agnello di Dio e la comunione al corpo e sangue di Cristo.

Segno della pace.

Questo gesto, pur essendo facoltativo, a discrezione del sacerdote che presiede l’eucarestia, è importante perché esprime il desiderio che ci sia avvicini alla comunione con Cristo, in pace con i fratelli. C’è, a questo proposito, una frase del Signore che vi leggo:

“Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5, 23-24).

 La comunione.

A questo punto della messa le persone presenti sono invitati alla comunione, a mangiare del corpo di Cristo.

È il momento più importante, cioè il cuore della celebrazione. Cristo sta per entrare nella vita, nell’animo di chi lo riceve e costui, a sua volta, per la grazia di Dio, entra nella vita del Signore. In quel momento, il fedele e Gesù diventano una sola cosa: un cuore solo e un’anima sola (At 4,32).

Si è invitati, ritornando al proprio posto, a far silenzio nel cuore, ad accogliere Gesù e dirgli “Grazie! Grazie Gesù che ancora una volta ti sei degnato di venire ad abitare nella mia casa”. È il momento per eccellenza per stare col Signore, in silenzio o in un dialogo cuore a cuore, come due sposi.

 

Conclusione.

Con la preghiera finale inizia l’ultima parte della santa messa.

Il sacerdote dopo aver letto la preghiera conclusiva dona la benedizione.

Come si è iniziata la santa messa, nel nome della Santissima Trinità, cosi la si conclude.

Si esce dalla chiesa rinnovati, perché abita in noi, in maniera sempre nuova, il mistero della Trinità.

Infine il sacerdote o il diacono, pronuncia queste parole:

“La messa è finita! Andate in pace”.

È il mandato missionario. Il sacerdote, a nome della Chiesa, invia i cristiani, i quali hanno appena celebrato e consumato l’eucarestia, ad andare nel mondo ad annunciare con la vita e con le opere la Pasqua di Gesù Cristo, mistero di passione, morte e risurrezione.

 

  1. Qual è il valore spirituale dell’eucarestia?

Che cosa essa produce nella vita del fedele?

Quali sono gli effetti e i frutti che lo Spirito Santo elargisce nel cuore del credente ogni volta che celebra questo sacramento?

Queste domande, che introducono la quarta parte della catechesi, sono forse le più difficili a cui rispondere.

Difficili, sia perché le risposte possono essere molte e diverse… ma soprattutto perché credo che ciascuno debba rispondere personalmente a se stesso, nel prendere coscienza che cosa l’eucarestia e la santa messa generano in lui, nella vita quotidiana, ogni volta che vi prende parte.

Ho pensato di rispondere alla domanda attraverso:

  • il comando di Gesù durante l’ultima cena: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19),
  • e l’esperienza eucaristica del fondatore del mio ordine: sant’Eugenio de Mazenod.

1) “Fate in memoria di me”

Fate.

Esprime sia un comando che il desiderio del Signore.

Gesù si aspetta che la sua Chiesa continui a celebrare nei secoli il suo sacrificio e annunci quanto Egli ha fatto per l’Umanità.

Il Signore desidera che i suoi discepoli, i cristiani, continuino la sua opera di salvezza e che si ritrovino in assemblea per celebrare l’eucarestia, che rafforza la comunione e l’unità sia con Lui che tra i membri della chiesa.

“Fate”, cioè, dice il Signore: non dimenticate di ritrovarvi attorno all’altare del sacrificio della mia vita per pregare, per domandare perdono, per chiedere grazie e soprattutto per ringraziare il Padre mio e Padre vostro.

 Questo.

Fate “questo”, ossia: dovete compiere quello che io stesso ho fatto.

Celebrare il pane e il vino, all’interno delle mura della Chiesa, per santificarli in corpo e sangue del Signore, deve poi prolungarsi ed espandersi in azioni e gesti concreti, da attuare con la carità verso gli altri, verso il prossimo, perché l’eucarestia è la strada diretta verso ogni uomo diverso per cultura e per età.

Fare quello che Lui ha fatto significa che la celebrazione della santa messa deve trasformare la nostra vita, modellandola su quella di Gesù.

Avere a cuore la passione di Gesù, e, al tempo stesso, l’uomo e la sua felicità, la sua salvezza e con particolare riguardo verso l’uomo povero e bisognoso di cibo e di fede.

Affermava Madre Teresa di Calcutta:

L’Ora santa davanti all’Eucaristia deve condurre all’ora santa con i poveri. La nostra Eucaristia è incompleta se non conduce al servizio e all’amore dei poveri”[13].

Il pasto eucaristico che viene consumato nella messa, diventi per i cristiani, e quindi per tutti noi, esempio di vita, di come vivere l’esistenza.

Lasciare che, con dolcezza, l’eucarestia celebrata in Chiesa possa prendere dimora in noi ed espandersi in tutte le situazioni della nostra vita, affinché abbiamo il pensiero di Cristo, i criteri di ragionamento e di decisione di Cristo, il cuore di Cristo, l’amore di Cristo, i desideri di Cristo. Ciò significa permettere che l’eucarestia possa transumare la vita umana in vita evangelica.

Quel “Sii te stesso” che a volte sentiamo dire o diciamo agli altri, per il cristiano significa: “Sii Gesù e sarai felice”.

Allora il lavoro nel mondo, i rapporti familiali-amicali-sociali, il rispetto della creato e della natura, i progetti umani… tutto è nutrito, sostenuto e illuminato dalla grazia della santa Comunione verso la realizzazione del suo compito ultimo: la salvezza.

 In memoria di me!

Infine: fate questo in “memoria di me”!

Celebrare il santo sacrificio in sua memoria.

“In sua memoria” non significa soltanto “nel senso del ricordo”, vale a dire di ciò che Egli ha fatto e compiuto, ma anche e soprattutto nel senso dell’attualizzazione.

Ogni volta che la comunità cristiana si è ritrovata e si ritrova a celebrare il sacrificio eucaristico, sa che in quell’istante si realizza per lei la salvezza.

Il memoriale ci riporta sì a quel venerdi santo, sul calvario, con Maria e san Giovanni, dove il Figlio unigenito di Dio dona la sua vita sulla croce, ma che si rinnova sempre, in maniera nuova ed unica, ogni volta che la comunità cristiana si ritrova per la celebrazione.

2) Sant’Eugenio de Mazenod

Di sant’Eugenio de Mazenod, il fondatore dei missionari oblati di Maria Immacolta, non abbiamo dei testi scritti sull’eucarestia, dei trattati, se non la sua esperienza concreta vissuta con il mistero eucaristico.

Esperienza che spesso egli comunicava ai suoi oblati, sparsi in alcune missioni nel mondo, come il Canada e l’Asia, attraverso le lettere che scriveva.

Eccone alcuni esempi:

  • Parigi, 6 marzo 1857,

non potete credere quanto io sia preoccupato davanti a Dio per i nostri cari missionari del Fiume Rosso. Questo è l’unico modo per avvicinarmi a loro. Lì, alla presenza di Gesù Cristo davanti al Santissimo Sacramento, mi sembra di vederti, di toccarti. Deve succedere spesso che voi, da parte vostra, siate in sua presenza. È allora che ci incontriamo in questo centro vivente che serve da comunicazione

J. Eugene, vescovo di Marsiglia, S. G.

Focus della lettera: il vedere e il toccare Gesù.

  • Parigi, 25 marzo 1857,

Mio caro padre Vegreville… È una grande consolazione avere un centro comune dove ci incontriamo ogni giorno. Che delizioso luogo d’incontro questo altare dove si offre la vittima santa, questo tabernacolo dove veniamo ogni giorno ad adorare Gesù Cristo e a parlare con lui di tutto ciò che ci interessa.

J. Eugene, vescovo di Marsiglia, S. G.

Focus della lettera: avere un centro comune, incontrarsi, parlare con Lui attraverso l’eucarestia.

  • Nyon, questo 17 novembre 1830, a mezzogiorno.

Miei cari figli… siete tutti presenti per me, così come siete, e sono così felice di prendermi cura di voi davanti a Dio! È lì che vi incontrerò. Parla spesso di me a questo Padre comune che, con il suo Figlio divino, Nostro Signore Gesù Cristo, è il centro di tutti i nostri cuori; amiamolo, amiamolo sempre di più.

J. Eugene, vescovo di Marsiglia, S. G.

Focus della lettera: occuparsi degli altri davanti a Dio, parla spesso di me a Lui.

 

 

Conclusione.

Per concludere, credo sia importante e allo stesso tempo illuminante porre in evidenza la fede della Madonna nell’eucarestia.

Maria “donna eucaristica”.

Il commando che la Chiesa da sempre ha adempiuto “Fate questo in memoria di me (Lc 22,19), diventa –afferma Giovanni Paolo II – al tempo stesso accoglimento dell’invito di Maria ad obbedirgli senza esitazione « Fate quello che vi dirà » (Gv 2,5). Con la premura materna testimoniata alle nozze di Cana, Maria sembra dirci: « Non abbiate tentennamenti, fidatevi della parola di mio Figlio. Egli, che fu capace di cambiare l’acqua in vino, è ugualmente capace di fare del pane e del vino il suo corpo e il suo sangue, consegnando in questo mistero ai credenti la memoria viva della sua Pasqua, per farsi in tal modo “pane di vita” »”[14].

Tutta la vita di Maria è una vita eucarestia.

La sua totale apertura e disponibilità alla volontà di Dio, ha fatto di lei l’esempio più bello di una vita cristiana alla luce del mistero dell’eucarestia: pane spezzato e vino versato per l’Umanità di tutti i tempi.

Maria ha vissuto la sua fede nell’eucarestia fin dall’inizio e per tutta la durata della sua esistenza.

Ripercorriamo, attraverso la testimonianza dei vangeli, alcuni tratti della vita eucaristica della Vergine.

Maria all’Annunciazione.

Maria nell’accogliere l’annuncio dell’Angelo “concepirai un figlio” (Lc 1,31) e nell’aderirvi con le sue parole “Eccomi sono la serva del Signore” (Lc 1,38) anticipa ciò che sacramentalmente si realizza in ogni fedele che riceve il corpo e sangue di Cristo, nei simboli del pane e del vino.

Maria anticipa la comunione nell’eucarestia.

Maria alla Visitazione

L’esclamazione di santa Elisabetta “Beata colei che ha creduto” (Lc 1,45) esprime la fede della Chiesa, la fede di ogni battezzato, invitata a credere che in quel pane, dopo la consacrazione, è presente il Figlio di Dio.

Maria anticipa la fede nell’eucarestia.

Maria al Calvario

Lo “stabat Mater” della Madonna ai piedi della croce, in cui si offre e si unisce alla passione del figlio, per opera dello Spirito Santo, invita ogni credente a celebrare la santa messa offrendosi al sacrificio di Cristo.

Non si partecipa alla messa come osservatori e/o spettatori di un qualcosa di straordinario che cattura l’attenzione, ma, usando una parola forte e ricca di significato, come “martiri”: pronti ad offrire la propria vita, unendola al sacrificio del Signore.

Maria anticipa con la sua vita l’offerta della Chiesa, l’offerta del pane e del vino.

Maria al Cenacolo

Maria, seppur i vangeli tacciono su questo punto, è presente al Cenacolo dopo la morte e la risurrezione di Gesù Cristo.

La Madonna, in ogni celebrazione eucaristica con gli apostoli rivive, in qualche modo, quanto ha sperimentato nel giorno dell’Annunciazione: l’incarnazione di Gesù nel suo grembo.

Ella ci aiuta a credere, a prendere coscienza e soprattutto a vivere questa presenza divina in noi, attraverso il corpo e sangue di Cristo.

Maria è presente ad ogni altare, dove si celebra il mistero dell’eucarestia.

Maria è presente nell’oggi della nostra storia.

Afferma Giovanni Paolo II:

C’è pertanto un’analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell’Angelo, e l’amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore[15].

La Madonna, attraverso la sua presenza materna e la sua guida, ci aiuta affinchè l’amen, pronunciato come risposta al dono del corpo di Cristo nella messa, si attualizzi in ogni dimensione dell’esistenza; cosi che ogni credente, come lei, possa diventare un uomo eucaristico, una donna eucaristica: offerti al Padre per la salvezza dei fratelli.

Maria guida la vita di ciascun cristiano all’amen eucaristico.

Termino suggerendo alcuni esercizi spirituali, per approfondire il contenuto di questa catechesi.

  • Cercare, ogni volta che si partecipa alla santa Messa, di prepararsi e di viverla con fede.

Santa Teresa d’Avila diceva:

Accostiamoci al Santissimo Sacramento con grande spirito di fede e di amore: ed una sola comunione credo che basti per lasciarci ricche. E che dire di tante? Sembra che ci accostiamo al Signore unicamente per cerimonia: ecco perché ne caviamo poco frutto. O mondo miserabile che rendi cieco chi guarda te…. per non permettergli di vedere i tesori che potrebbe avere in Dio![16].

  • Dopo la S. Comunione, consiglia don Bosco, trattenetevi almeno un quarto d’ora a fare il ringraziamento. Sarebbe una grave irriverenza se, dopo pochi minuti aver ricevuto il Corpo-Sangue-Anima-Divinità di Gesù, uno uscisse di chiesa o stando al suo posto si mettesse a ridere, chiacchierare, guardare di qua e di là per la chiesa[17].

Il beato Carlo Acutis è un esempio. Ogni giorno partecipava alla santa messa e dedicava un po’ di tempo prima o dopo la celebrazione per stare con Gesù Eucarestia. Egli affermava che l’Eucarestia era la sua autostrada verso il Cielo.

  • Una volta alla settimana o una volta al mese fermarsi a pregare in Chiesa, di fronte al tabernacolo, per tutto il tempo che si desidera.

Affermava santa Maria Domenica Mazzarello:

Ogni visita a Cristo Eucaristico e ogni contemplazione della sua presenza sono un ritorno alla nostra vera situazione, al nostro destino finale: rappresentano una pregustazione del possesso celeste, dove il nostro essere abiterà in Dio e il nostro sguardo si fonderà con il suo[18].

  • Leggere l’enciclica di S. Giovanni Paolo II “Ecclesia de Eucharistia” o altri testi sull’eucarestia scritti dai santi, come, per esempio, le omelie di san Carlo Borromeo[19].
  • Esclamava santa Gemma Galgani (1878-1903):

“Oh! Che preziosi momenti sono quelli della santa comunione. È una felicità la comunione…, perché Gesù entra ogni giorno nel mio cuore… Non è vero,… che a star sempre uniti a Gesù direi di gustare una gioia del paradiso?”[20].

Osservando come la santa osava esprimere e condividere i suoi sentimenti che provava nei confronti dell’eucarestia, vi invito a scrivere, su un quaderno personale, i propri sentimenti, le proprie emozioni che si avvertono quando si partecipa alla santa Messa e si riceve il corpo di Cristo.

 

Terminiamo la catechesi con la preghiera di sant’Ignazio di Loyola:

Anima di Cristo, santificami.
Corpo di Cristo, salvami.
Sangue di Cristo, inebriami.
Acqua del costato di Cristo, lavami.
Passione di Cristo, confortami.
O buon Gesù, esaudiscimi.
Dentro le tue piaghe nascondimi.
Non permettere che io mi separi da te.
Dal nemico maligno difendimi.
Nell’ora della mia morte chiamami.
Fa ch’io venga a lodarti con i tuoi santi
nei secoli dei secoli. Amen!”

 e la recita del Padre Nostro.

 

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[1] https://it.aleteia.org/slideshow/santi-eucaristia/5/

[2] Cf. CCC 1328-1332.

[3] Cf. Lc 24, 13-36.

[4] Eb 9, 28.

[5] Cf. Mario Florio – Carlo Rocchetta, Sacramentaria Speciale 1, Battesimo, confermazione, eucarestia, EDB 2018, pag. 198-204.

[6] I profeti, a loro volta, collegandosi a questa “prima” pasqua, annunziaranno una pasqua ancora più grande della precedente in vista del messia.

[7] Cf. Ap 22.

[8] Cf. Mario Florio – Carlo Rocchetta, Sacramentaria Speciale 1, Battesimo, confermazione, eucarestia, EDB 2018, pag 211.

[9] Idem., pag 211.

[10] Idem. Pag. 211-212.

[11] Idem. Pag 217-218.

[12] Non approfondisco per non dilungarmi troppo su questo punto della catechesi.

[13] https://www.piccolifiglidellaluce.it/pfdl/sacramenti-e-sacramentali/56-eucaristia-santa-comunione-santa-messa-adorazione-eucaristica-viatico-eucaristico-del-morente/58-i-santi-e-l-eucaristia

[14] Ecclesia de Eucharistia, n. 54.

[15] Idem. n. 54.

[16] https://www.piccolifiglidellaluce.it/pfdl/sacramenti-e-sacramentali/56-eucaristia-santa-comunione-santa-messa-adorazione-eucaristica-viatico-eucaristico-del-morente/58-i-santi-e-l-eucaristia

[17] Idem.

[18] Idem.

[19] Omelie sull’eucarestia di Carlo Borromeo, a cura di F. Carnaghi, Edizioni Paoline 2005.

[20] https://it.aleteia.org/slideshow/santi-eucaristia/11/

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