In cammino verso…

Letture: Ger 33,14-16; Sal 24; 1 Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28,34-36

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina. State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

Si apre davanti a noi un altro anno liturgico che vogliamo vivere col Signore Gesù.

            L’Avvento, come ben sapete, ci apre sulla dimensione dell’attesa.

            La domanda che vogliamo subito porci è questa: “Come è possibile parlare di attesa quando le parole più conosciute e desiderate dalla nostra cultura sono: tutto e subito, efficacia e produttività?”

            Per alcuni, il termine attesa è sinonimo di passività, evasione o addirittura de-responsabilizzazione. In realtà, il cristiano sa che il Cristo che ama e nel quale ha posto fiducia è venuto, viene e verrà.

Davanti a sé il cristiano non ha il vuoto e il nulla, come qualcuno pensa di poter affermare. Egli non si pone in un atteggiamento di passività o di perdita di tempo, ma ha davanti a sé la speranza certa che le parole dell’Apocalisse “Sì, verrò presto” (Ap 22,20), si realizzano qui ed ora.

            A partire dall’etimologia latina del verbo ad-tendere, ne scorgiamo il significato di “tensione verso, attenzione rivolta a” o come usava affermare Gabriel Marcel nel suo Homo Viator: “L’uomo in cammino verso…”[1]. Il nostro attendere cristiano non è uno star fermo, un aspettare che qualcosa accada, ma un porsi in direzione di, un mettersi in cammino per raggiungere ciò da cui siamo ispirati nel più profondo del nostro cuore. L’attesa come tale diviene allora operare, collaborare, fare tutto perché si affretti la venuta del Signore, come è affermato nella seconda lettera di san Pietro (2Pt 3,12).

            Inoltre, sappiamo che la nostra attesa si basa su il già avvenuto ed è orientata verso il non ancora definitivo.

            Il già vissuto come incontro, scelta e testimonianza; il non ancora come incontro non definitivo, fedeltà e pazienza. Pazienza, quella che più ci costa, a volte, definita da Enzo Bianchi della comunità di Bose: “arte di vivere l’incompiuto, di vivere… la frammentazione del presente senza disperare” nella perseveranza e nell’abbandono.

            La pazienza del non ancora, però, ha una radice profonda da cui è mossa ed è l’amore per il Signore, il desiderio di rincontrarlo, di condividere con lui un nuovo anno di fatica, di dolore, ma anche di successi, di traguardi e di gioia, perché Cristo è risorto e la morte su di lui non ha più nessun potere.

            La Chiesa, nostra madre, ogni anno ci propone lo stesso mistero, la stessa Vita – con la V maiuscola – perché ogni volta possiamo vivere l’esperienza dell’incarnazione tra il suo amore e il nostro anelare alla vera fonte.

            Chiediamo al Signore di vivere questo avvento come unione sponsale tra la povertà della nostra culla, deposta in una mangiatoia, e la ricchezza del divino, che ci raggiunge nei livelli più bassi della nostra umanità.

Buon Avvento!

Grazie!

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[1] Gabriel Marcel, Homo viator…, Prolegomeni ad una metafisica della speranza, Ed. Borla, 1980.

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