Incontrare Dio

Carissimi tutti,

            con questa celebrazione dell’Ultima Cena siamo entrati nel Triduo pasquale, cuore del mistero di Dio.

            Vorrei con voi questa sera rileggere ciò a cui ci prepariamo a vivere alla luce della parola “incontro”. Comprendere questi giorni santi come l’incontro che Dio desidera con l’uomo. Tutto il triduo pasquale possiamo definirlo come il forte desiderio di Dio di incontrarsi con l’uomo perché il suo desiderio d’incontrare l’essere umano ovunque e sempre è sostanziale, è connaturale a sé stesso.

            La domanda che sorge spontanea è questa “come Dio incontra l’uomo, essendo puro spirito?”. Egli, pur essendo puro spirito, si lascia incontrare sia attraverso i volti concreti dei fratelli e sorelle sia attraverso fatti e situazioni quotidiane.

            Spesso noi ci aspettiamo una teofania del tuono, del fuoco, delle trombe e della luce per incontrare Dio eppure Egli viene a noi attraverso la sua creazione, la storia, la povertà e il lavoro dell’uomo. Il Signore si nasconde attraverso gesti e segni così concreti e semplici che facciamo fatica a riconoscerlo lì davanti a noi.

            Sappiamo che il modo più evidente della manifestazione di Dio è senz’altro Gesù. Ma non è sempre facile saper riconoscere nelle sembianze umane, la presenza di Dio; come ci ricordava martedì scorso don Renzo “non è facile credere, c’è bisogno di una grossa fede”. Eppure Dio che è semplicità ha usato dei segni semplici che fanno sua presenza: pane e vino, frutti del lavoro dell’uomo.

            Cristo nell’Eucarestia, pane e vino, si è donato a noi in una maniera obbediente al progetto di Dio: “questo è il mio corpo spezzato per voi e il mio sangue versato per voi”. L’Eucarestia è un dono d’amore che costa Cristo stesso: il Signore è sceso per donarsi all’Umanità, per farsi dono tra Dio e l’umanità, per essere luogo d’incontro tra il Creatore e la sua creatura. È nell’Eucarestia allora che Dio si lascia incontrare.

Come avviene questo incontro? È nel partecipare al suo banchetto, nutrendosi del suo corpo e del suo sangue che Dio si lascia incontrare, realizzando il suo desiderio connaturale. Un incontro tra Dio e l’uomo, che non chiude quest’ultimo in Dio, ma lo invia ai fratelli e sorelle, diventando egli stesso dono, cibo, nutrimento… eucarestia per gli altri.

Così facendo la nostra vita diventa eucaristia, sacramento dell’amore del Padre, segno visibile e riconoscibile di un incontro che è avvenuto nel mistero celebrato.

            L’Eucarestia c’invita ad lasciarsi spezzare per gli altri perché essa non coniuga il verbo stare, rimanere(ovvero la sedentarietà) ma il verbo andare (ovvero ci “sbatte fuori, c’invia”). L’eucarestia, pane spezzato e sangue versato nei nostri cuori, è esplosione di gioia, che ci manda ai fratelli; non possiamo tenere per noi Gesù, ma saremo portati per naturalezza a donarlo, a comunicarlo agli altri. L’Eucarestia ci mette in moto, ci fa correre verso coloro che ancora non hanno vissuto l’incontro con Cristo perché ancora non lo conoscono o perché lo rifiutano.

L’Eucarestia, potremmo dire, inizia in noi quando il celebrante alla messa dà il saluto finale “La messa è finita, andate in pace.

L’Eucarestia, infine, è l’entrare di Dio nel mondo, l’immischiarsi del divino nelle nervature dell’umanità affinché l’uomo sia portato a riconoscerlo e ad incontrarlo nelle piccole cose che fa ogni giorno.

            In questa logica del “pane spezzato” e del “sangue versato” possiamo cogliere il signficato della lavanda dei piedi, dove Gesù non compie il gesto per darci l’esempio, anche se poi dirà questo, ma soprattutto per prendere parte con lui. Dice a Pietro: “Se non ti laverò, non  avrai parte con me” (Gv 13,8).

Grazie!

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