IL SACERDOZIO…

la nostra benedizione!

Preghiera di papa Paolo VI[1]:

Signore, da’ ai tuoi ministri un cuore puro, capace di amare te solo;
un cuore puro, che non conosca il male

se non per definirlo, combatterlo e fuggirlo;
un cuore puro, come quello di un fanciullo,
capace di entusiasmarsi e di trepidare.
Signore, da’ ai tuoi ministri un cuore grande,
aperto ai tuoi pensieri e chiuso ad ogni meschina ambizione,
ad ogni miserabile competizione umana.
Signore, da’ ai tuoi ministri un cuore forte,
pronto e disposto a sostenere ogni difficoltà,
ogni tentazione, ogni debolezza, ogni noia, ogni stanchezza.
Un cuore, Signore, capace veramente di amare,
cioè di comprendere, di accogliere, di servire, di sacrificarsi,
di essere beato nel palpitare dei tuoi sentimenti e dei tuoi pensieri.
Poiché di questo ha bisogno il mondo:
di chi, per salvarli, come Cristo li ami.

Amen.

 

Gli ultimi due sacramenti che affronteremo sono chiamati “sacramenti vocazionali”. Essi sono: ordine sacro, che a sua volta si distingue in tre gradi: diaconato, sacerdozio ed episcopato, e matrimonio.

Prima di entrare nel sacramento dell’ordine, nello specifico del sacerdozio, credo sia opportuno soffermarsi sul significato della parola “vocazione” nel contesto della fede cristiana.

Il tema della vocazione, afferma il teologo Tullio Citrini, prende corpo sin dalle esperienze originarie di incontro tra Dio e l’uomo raccontate nella Bibbia”[2].

Un tema che indica “non solo il primato di Dio nell’esistenza della persona, ma il modo in cui si afferma, si fa sperimentabile, suggerisce, chiede e provoca una risposta della persona stessa”[3].

Spesso, quando si parla di vocazione, molte persone intendono principalmente la chiamata di Dio al sacerdozio o alla vita consacrata, secondo i voti di castità, povertà e obbedienza.

In realtà, il termine “vocazione” esprime un significato molto più ampio con il quale s’intende ogni chiamata di Dio, che esprima e realizza la vocazione comune, derivante dal battesimo, in una particolare missione che il Signore stesso infonde nel cuore del chiamato.

Al num. 39 del documento conciliare Lumen Gentium si legge:

“Nella Chiesa quindi tutti sono chiamati alla santità, sia coloro che appartengono alla gerarchia, come coloro che dalla gerarchia sono diretti, secondo il detto dell’apostolo: “Questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione” (1Ts 4,3; cf. Ef 1,4)”.

Chiamata universale quindi alla santità che:

“il Signore Gesù l’ha predicata a tutti e a ciascuno dei suoi discepoli, a qualsiasi condizione appartenessero: “Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste” (Mt 5,48)”[4].

Quando si parla di vocazione si deve intendere sia la Vocazione, come chiamata universale alla santità, alla perfezione della carità di Cristo, sia altre vocazioni specifiche, le quali sono tante quante sono le chiamate di Dio nella comunità cristiana.

Papa Francesco nel messaggio al simposio sul sacerdozio dello scorso 17 febbraio 2022 affermava anch’egli che:

“la nostra prima chiamata è alla santità. Essere santi significa conformarsi a Gesù e lasciare che la nostra vita palpiti con i suoi stessi sentimenti (cf. Fil 2,15). Solo quando si cerca di amare come Gesù ha amato, anche noi rendiamo visibile Dio e quindi realizziamo la nostra vocazione alla santità”[5].

Inoltre, una chiamata alla santità non solo a liverllo personale, individuale ma anche e soprattutto “collettiva” siamo chiamati a diventare “santi insieme”.

Chiara Lubich al suo Movimento dei Focolari più volte ha parlato di una santità di popolo, collettiva: dove si diventa santi insieme[6].

Quindi con il termine “vocazione” intendiamo principalmente la realizzazione del battesimo di ogni cristiano come chiamata alla santità, e secondariamente le vocazioni particolari che ciascun cristiano riceve da Dio, quali: il sacerdozio, la vita consacrata e religiosa, il matrimonio.

Queste tre vocazioni: sacerdozio, vita religiosa e matrimonio, ovviamente non esauriscono o escludono tutte quelle vocazioni che Dio continuamente suscita nei cuori dei fedeli per il bene della Chiesa stessa, per la sua missione, per contribuire alla costruzione della pace mondiale, e per l’edificazione della fraternità universale secondo stati di vita[7] e carismi diversi[8], come lo stesso san Paolo afferma:

“Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell’unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l’interpretazione delle lingue. Ma tutte queste cose è l’unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole. Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito. Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue” (1 Cor 12,4-13; 28).

Infine, è importante, ancora una volta, ribadire che “la nostra vocazione, secondo le parole di papa Francesco, è prima di tutto una risposta a Colui che ci ha amato per primo (cf. 1 Gv 4,19)[9].

 

  1. Che cosa vuol dire la parola “sacerdozio?” [10]

Questa prima domanda “che cosa vuol dire la parola sacerdozio?” diventa più che mai necessaria quando la terminologia usata per indicare questo sacramento è ampia. “Si parla di clero, ordine, sacerdozio, ministro, padre, sacerdote…, presbitero, prete, parroco, pastore, persona consacrata”[11].

Nella comprensione del termine “sacerdozio” e dei suoi sinonimi, appena elencati, padre Cavilli fa notare che nella storia della Chiesa ci sono stati e ci sono diversi percorsi; egli ne privilegia due: sacerdote/sacerdozio e ordine/ordinazione/ordinare. Il primo gruppo di termini, ereditato dalla tradizione dell’Antico Testamento, viene accolto e rivisitato alla luce di quanto Gesù, Sommo Sacerdote[12], ha fatto e insegnato; il secondo invece è strettamnete unito al rito con cui un canditato viene ordinato ministro sacro.

Il termine “sacerdote” dal latino “sacerdos” indica la funzione sacra svolta dal ministro. È colui che, a nome della comunità, svolge funzioni sacre rivolte a Dio, offrendo “doni e sacrifici per i peccati”[13], per il bene della comunità.

Il termine “ordine” invece, come si legge nel catechismo, deriva dalla cultura romana. Al numero 1537 del catechismo si legge:

“La parola Ordine, nell’antichità romana, designava corpi costituiti in senso civile, soprattutto il corpo di coloro che governano. « Ordinatio » – ordinazione – indica l’integrazione in un « ordo » – ordine –.

Nella Chiesa ci sono corpi costituiti che la Tradizione, non senza fondamenti scritturistici, 141 chiama sin dai tempi antichi con il nome di táxeis (in greco), di ordines: così la liturgia parla dell’« ordo Episcoporum » – ordine dei Vescovi –, dell’« ordo presbyterorum » – ordine dei presbiteri –, dell’« ordo diaconorum » – ordine dei diaconi.

 

  1. Qual’è il fondamento biblico del sacerdozio? Ovvero quali sono i passi di riferimento della Sacra Scrittura?

 “Voi sarete per me un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Es 19,6).

Questo versetto del libro dell’Esodo, mostra che Israele è stato scelto da Dio, tra tutti i popoli della terra, con uno speciale titolo e missione ovvero “Popolo di sacerdoti”, il cui Re e Signore è solo Dio.

Un popolo fondato sulla legge della Torah, dedicato al culto divino e riunito attorno alla città santa: Gerusalemme, e al tempio: luogo in cui venivano offerti sacrifici e preghiere di ringraziamento a Dio per le opere da Lui compiute a favore del suo popolo[14].

All’interno del popolo d’Israele, “Dio scelse una delle dodici tribù, quella di Levi, riservandola per il servizio liturgico. In essa i sacerdoti sono costituiti per il bene degli uomini nelle cose che riguardono Dio”[15]. “Due erano in tale ambito le dimensioni del sacerdozio levitico: il servizio di Dio e la benedizione dell’assemblea[16].

Il sacerdote aveva il compito di rendere culto a Dio, a nome della comunità, e di benedire l’assemblea a nome dello stesso Dio.

Dal libro dei numeri:

“Il Signore disse a Mosè: «Prenditi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo spirito; porrai la mano su di lui, lo farai comparire davanti al sacerdote Eleazaro e davanti a tutta la comunità, gli darai i tuoi ordini in loro presenza e lo farai partecipe della tua autorità, perché tutta la comunità degli Israeliti gli obbedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleazaro, che consulterà per lui il giudizio degli Urim davanti al Signore; egli e tutti gli Israeliti con lui e tutta la comunità usciranno all’ordine di Eleazaro ed entreranno all’ordine suo». Mosè fece come il Signore gli aveva ordinato; prese Giosuè e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleazaro e davanti a tutta la comunità; pose su di lui le mani e gli diede i suoi ordini come il Signore aveva comandato per mezzo di Mosè.” (27,18-23)

Con la scelta di Giosuè a capo del popolo d’Israele e successore di Mosè viene introdotto nel rito sacedotale l’imposizione delle mani. Questi due elementi: imposizione delle mani e scelta a guida del popolo, resteranno costanti nello sviluppo del sacramento dell’ordine fino ai nostri giorni.

Nel Nuovo Testamento, con Gesù nasce e si afferma un sacerdozio non più “nel senso istituzionale del termine: non apparteneva infatti alla tribù di Levi, né (Egli) ha mai rivendicato una simile appartenenza o qualifica o l’esercizio di un simile sacerdozio”[17]. Nella sua persona, nel suo ministero e cosi nel momento cruciale della sua vita: la passione, crocefissione e morte non vi si trova nessun legame con il sacerdozio dell’antica alleanza[18].

Nel nuovo Testamento, sia dal racconto dei vangeli che in particolare dalla lettera agli Ebrei, emerge con Gesù un sacerdozio nuovo. Un sacerdozio in cui l’offerta e l’offerente coincidono.

Si legge nel catechesimo della Chiesa:

“Tutte le prefigurazioni del sacerdozio dell’Antica Alleanza trovano il loro compimento in Cristo Gesù, « unico […] mediatore tra Dio e gli uomini » (1 Tm 2,5). Melchisedek, « sacerdote del Dio altissimo » (Gn 14,18), è considerato dalla Tradizione cristiana come una prefigurazione del sacerdozio di Cristo, unico « sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek » (Eb 5,10; 6,20), « santo, innocente, senza macchia » (Eb 7,26), il quale « con un’unica oblazione […] ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati » (Eb 10,14), cioè con l’unico sacrificio della sua croce”[19].

Con Gesù, Figlio di Dio, nasce e si afferma un nuovo sacerdozio.

La lettera agli Ebrei può essere considerato uno dei maggiori testi di riferimento per cogliere il significato profondo del sacerdozio di Cristo, e della novità ad esso legata.

L’autore, in questa lettera, evidenzia sia le differenze che i punti comuni con il sacerdozio antico.

Gesù Cristo è colui che offre al Padre il sacrificio per la salvezza dell’umanità e nello stesso tempo è, egli stesso, il sacrificio.

La croce diviene il nuovo altare, dove si presenta, si consuma e si sacrifica, una volta e per sempre, la vita del Signore per il riscatto dei peccati e della salvezza degli uomini (Cf. 1 Ts 5,10; 1 Cor 15,3)”[20].

L’evento di questo nuovo sacerdozio di Cristo impone, in qualche modo, un ripensamento dell’idea di sacerdote. Alla concezione di separazione/elevazione del sacerdozio veterotestamentario viene sostituita quella di solidarietà/abbassamento[21].

Nel sacerdozio di Gesù, a differenza del sacerdozio levitico e dell’antica alleanza, il sacerdote non si allontana, separandosi dal popolo, ma, al contrario, egli vive fino in fondo la condizione umana e nel suo abbassamento/annientamento eleva quest’ultima a Dio-Padre. A questo riguardo, scrive l’autore della lettera agli Ebrei:

“Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.”

 Un elemento importante in comune con il sacerdozio antico è la concezione della mediazione. Come nell’antichità il sacerdote era il mediatore tra Dio e il popolo, cosi, nel Nuovo Testamento, Cristo è il sacerdote che media tra il Padre e il Nuovo Popolo: la Chiesa. Mediazione che avrà la sua piena realizzazione sulla croce.

Con la nascita della Chiesa era necessario che la stessa missione e salvezza del Signore fosse portata avanti. Il Signore stesso sceglierà tra i suoi seguaci un gruppo di discepoli, che avranno il mandato di continuare, lungo i secoli, la sua opera di redenzione.

Nel gruppo dei discepoli, scelti dal Signore, risaltano: il gruppo degli Apostoli, il gruppo dei Settanta e il gruppo dei Sette

Afferma il francescano p. Cavalli che:

“I dodici costituiscono il “vero Israele di Dio” (Mt 19,28). Sono compresi come un’entità a sé, un gruppo particolare “chiamato” e “messo da parte”, a cui sono confidati i misteri del Regno…

Gli apostoli sono scelti da Gesù come i suoi “rappresentanti” autorevoli, perché nel suo nome vadano in mezzo alle genti, proclamino e portino la salvezza in tutto il mondo, ad ogni creatura”[22].

Mentre il gruppo dei Settanta è attestato dai vangeli “mandate ad annunciare il Regno e la sua attuazione… I Settanta discepoli ricevono da Gesù stesso il compito di proseguire la sua opera insieme ai dodici e sotto la loro autorità”[23].

Infine, il gruppo dei Sette istituiti “ad opera degli apostoli (At 6,1-6). Secondo la consetudine ebraica, ogni comunità della diaspora aveva il diritto di eleggere, per ogni 120 persone, sette consiglieri… Sono scelti “sette uomini di buona volontà e pieni di Spirito si sagezza” (At 6,3). A loro viene affidato il mandato di collaborare al servizio della preghiera e della parola svolto dagli apostoli e prestare la loro opera per la diakonia della mensa e l’edificazione della comunità cristiana nell’amore”[24].

 Questa diversità dei gruppi di discepoli di Cristo: gli Aposotli, i Settanta e i Sette, in continuità con l’opera del Signore, hanno continuato a testimoniare con la parola e con le opere che:

“Il sacrificio redentore di Cristo è unico, compiuto una volta per tutte. Tuttavia è reso presente nel sacrificio eucaristico della Chiesa. Lo stesso vale per l’unico sacerdozio di Cristo: esso è reso presente dal sacerdozio ministeriale senza che venga diminuita l’unicità del sacerdozio di Cristo. « Infatti solo Cristo è il vero Sacerdote, mentre gli altri sono i suoi ministri »”[25].

 

  1. Come si celebra il sacramento dell’ordinazione sacerdotale? E, quindi, quali sono i simboli del sacerdozio?

 Le diverse indicazioni magisteriali e conciliari, lungo il complesso sviluppo storico della celebrazione del sacramento dell’ordine, nei tre gradi di episcopato, sacerdozio e diaconato, hanno centrato la celebrazione di consacrazione nei due elementi fondamentali: l’imposizione delle mani del vescovo ordinante, eseguita in silenzio, e la preghiera di consacrazione[26].

La preghiera di consacrazione ha, sia per l’episcopato che per il sacerdozio e diaconato una struttura trinitaria.

Essa è presentata al Padre e si sviluppa in tre parti: la prima parte presenta un’anamnesi delle opere compiute da Dio, nella seconda parte si ha l’epiclesi, ovvero l’invocazione dello Spirito Santo sul candidato, e nell’ultima parte l’intercessione a favore del candidato ordinato[27].

L’ordinazione sacra avviene all’interno della celebrazione della santa Messa.

Inizialmente, dopo la proclamazione del vangelo, il canditato viene introdotto al Vescovo con una breve presentazione del cammino vocazionale, da parte del suo superiore, che ne ha curato la formazione.

Successivamente, terminata l’omelia del vescovo ordinante, si procede al rito di consacrazione suddiviso in 4 parti:

  • Impegni che l’eletto dovrà assumersi di fronte al vescovo.
  • L’invocazione dei santi, per chiedere la loro intercessione.
  • Imposizioni delle mani del vescovo ordinante, in silenzio e la preghiera di ordinazione.
  • Riti esplicativi:

              – vestizione degli abiti sacerdotali,

             – unzione crismale sui palmi delle mani,

             – consegna del pane e del vino,

             – abbraccio di pace tra il vescovo e il nuovo eletto.

Questo gesto di pace con il vescovo indica che “i sacerdoti non possono esercitare il loro ministero se non in dipendenza dal Vescovo e in comunione con lui. La promessa di obbedienza che fanno al Vescovo al momento dell’ordinazione e il bacio di pace del Vescovo al termine della liturgia dell’ordinazione significano che il Vescovo li considera come suoi collaboratori, suoi figli, suoi fratelli e suoi amici, e che, in cambio, essi gli devono amore e obbedienza”[28].

Terminato il rito di consacrazione, la santa messa prosegue con la liturgia eucaristica.

 

  1. Qual è il valore spirituale del sacerdozio? Che cosa esso produce nella vita del neo-ordinato? Quali sono gli effetti e i frutti che lo Spirito Santo elargisce alla sua Chiesa, tramite il sacerdozio?

Rispondo a questa domanda in tre tempi: con la dottrina del Catechismo della Chiesa, con un recente messaggio di papa Francesco sul sacerdozio e, infine, con alcune riflessioni personali.

 

Secondo la Chiesa, si legge nel Catechismo che:

“nel servizio ecclesiale del ministero ordinato è Cristo stesso che è presente alla sua Chiesa in quanto Capo del suo corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del sacrificio redentore, Maestro di verità. È ciò che la Chiesa esprime dicendo che il sacerdote, in virtù del sacramento dell’Ordine, agisce « in persona Christi Capitis » – in persona di Cristo Capo”[29].

Questa presenza di Cristo nel ministro non deve essere intesa come se costui fosse premunito contro ogni debolezza umana, lo spirito di dominio, gli errori, persino il peccato. La forza dello Spirito Santo non garantisce nello stesso modo tutti gli atti dei ministri. Mentre nell’amministrazione dei sacramenti viene data questa garanzia, così che neppure il peccato del ministro può impedire il frutto della grazia”[30].

“In virtù del sacramento dell’Ordine i sacerdoti partecipano alla dimensione universale della missione affidata da Cristo agli Apostoli. Il dono spirituale che hanno ricevuto nell’ordinazione non li prepara ad una missione limitata e ristretta, bensì a una vastissima e universale missione di salvezza, « fino agli ultimi confini della terra » (At 1,8), « pronti nel loro animo a predicare dovunque il Vangelo »”[31].

La spiritualità del sacerdozio scaturisce da ciò che la Chiesa chiama il carattere indelebile dell’ordinazione sacerdotale e il dono dello Spirito Santo:

“Come nel caso del Battesimo e della Confermazione, questa partecipazione alla funzione di Cristo è accordata una volta per tutte. Il sacramento dell’Ordine conferisce, anch’esso, un carattere spirituale indelebile e non può essere ripetuto né essere conferito per un tempo limitato”[32].

“La grazia dello Spirito Santo – il dono – propria di questo sacramento consiste in una configurazione a Cristo Sacerdote, Maestro e Pastore del quale l’ordinato è costituito ministro”[33]

ed è espresso dalle parole della preghiera propria del rito bizantino:

“Signore, riempi di Spirito Santo colui che ti sei degnato di elevare alla dignità sacerdotale, affinché sia degno di stare irreprensibile davanti al tuo altare, di annunciare il Vangelo del tuo regno, di compiere il ministero della tua parola di verità, di offrirti doni e sacrifici spirituali, di rinnovare il tuo popolo mediante il lavacro della rigenerazione; in modo che egli stesso vada incontro al nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo, tuo unico Figlio, nel giorno della sua seconda venuta, e riceva dalla tua immensa bontà la ricompensa di un fedele adempimento del suo ministero”[34].

 

Secondo il pensiero di papa Francesco:

Da una sua recente riflessione indirizzata al Simposio sul Sacerdozio tenutosi a Roma lo scorso febbraio 2022 e promosso dalla Congregazione per i Vescovi, possiamo evidenziare alcuni valori importanti nella vita spirituale del ministro sacro.

Una riflessione che nasce come frutto da quello che il Signore via via gli ha fatto conoscere durante più di 50 anni di sacerdozio[35].

Ciò che il papa ha scritto e indicato nel suo messaggio, richiamando “gli atteggiamenti” sacerdotali, ovvero le “quattro colonne costitutive” della vita sacerdotale”, nonché “le quattro vicinanze”: cosi da lui chiamate “perchè seguono lo stile di Dio, che fondamentalmente è uno stile di vicinanza. (Cf. Dt 4,7”[36]), aiuta a rispondere alla domanda sulla spiritualità sacerdotale, come indicazione attuale, oserei dire,  dello Spirito Santo per i ministri sacri.

Le “quattro vicinanze” di papa Francesco:

Vicinanza a Dio

“Cioè vicinanza al “Signore delle vicinanze”. «Io sono la vite, voi i tralci – questo è quando Giovanni nel Vangelo parla del “rimanere” –. Chi rimane in me e io in lui fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato» (Gv 15, 5-7).

Un sacerdote è invitato innanzitutto a coltivare questa vicinanza, l’intimità con Dio, e da questa relazione potrà attingere tutte le forze necessarie per il suo ministero. Il rapporto con Dio è, per così dire, l’innesto che ci mantiene all’interno di un legame di fecondità.  Senza una relazione significativa con il Signore il nostro ministero è destinato a diventare sterile…

Questa vicinanza a Dio a volte assume la forma di una lotta: lottare col Signore soprattutto nei momenti in cui la sua assenza si fa maggiormente sentire nella vita del sacerdote o nella vita delle persone a lui affidate. Lottare tutta la notte e chiedere la sua benedizione (cfr Gen 32,25-27), che sarà fonte di vita per molti.

La vicinanza con Dio permette al sacerdote di prendere contatto con il dolore che c’è nel nostro cuore e che, se accolto, ci disarma fino al punto di rendere possibile un incontro. La preghiera che, come fuoco, anima la vita sacerdotale è il grido di un cuore affranto e umiliato, che, ci dice la Parola, il Signore non disprezza (cfr Sal 50,19). «Gridano e il Signore li ascolta, / li libera da tutte le loro angosce. / Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato, / egli salva gli spiriti affranti» (Sal 34,18-19)”.

Vicinanza al Vescovo

“L’obbedienza non è un attributo disciplinare ma la caratteristica più forte dei legami che ci uniscono in comunione. Obbedire, in questo caso al vescovo, significa imparare ad ascoltare e ricordarsi che nessuno può dirsi detentore della volontà di Dio, e che essa va compresa solo attraverso il discernimento.

L’obbedienza quindi è l’ascolto della volontà di Dio che si discerne proprio in un legame. Tale atteggiamento di ascolto permette di maturare l’idea che nessuno è il principio e il fondamento della vita, ma ognuno deve necessariamente confrontarsi con gli altri”.

Vicinanza tra Presbiteri

“È proprio a partire dalla comunione con il vescovo che si apre la terza vicinanza, che è quella della fraternità. Gesù si manifesta lì dove ci sono dei fratelli disposti ad amarsi: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Anche la fraternità come l’obbedienza non può essere un’imposizione morale esterna a noi. Fraternità è scegliere deliberatamente di cercare di essere santi con gli altri e non in solitudine, santi con gli altri. Un proverbio africano, che conoscete bene, dice: “Se vuoi andare veloce, vai da solo; se vuoi andare lontano, vai con gli altri”. A volte sembra che la Chiesa sia lenta – ed è vero –, ma mi piace pensare che sia la lentezza di chi ha deciso di camminare in fraternità. Anche accompagnando gli ultimi, ma sempre in fraternità.

Le caratteristiche della fraternità sono quelle dell’amore. San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi (cap. 13), ci ha lasciato una “mappa” chiara dell’amore e, in un certo senso, ci ha indicato a cosa dovrebbe tendere la fraternità. Innanzitutto a imparare la pazienza, che è la capacità di sentirci responsabili degli altri, di portare i loro pesi, di patire in un certo senso con loro”.

Vicinanza al Popolo

“Molte volte ho sottolineato come la relazione con il Popolo Santo di Dio è per ciascuno di noi non un dovere ma una grazia. «L’amore per la gente è una forza spirituale che favorisce l’incontro in pienezza con Dio» (Evangelii gaudium, 272). Ecco perché il posto di ogni sacerdote è in mezzo alla gente, in un rapporto di vicinanza con il popolo.

Ho sottolineato nella Evangelii gaudium che «per essere evangelizzatori occorre anche sviluppare il gusto spirituale di rimanere vicini alla vita della gente, fino al punto di scoprire che ciò diventa fonte di una gioia superiore. La missione è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo. Quando sostiamo davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo tutto il suo amore che ci dà dignità e ci sostiene, però, in quello stesso momento, se non siamo ciechi, incominciamo a percepire che quello sguardo di Gesù si allarga e si rivolge pieno di affetto e di ardore verso tutto il suo popolo fedele. Così riscopriamo che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato. Gesù vuole servirsi dei sacerdoti per arrivare più vicino al Santo Popolo fedele di Dio. Ci prende in mezzo al popolo e ci invia al popolo, in modo che la nostra identità non si comprende senza questa appartenenza» (n. 268). L’identità sacerdotale non si può capire senza l’appartenenza al Santo Popolo fedele di Dio.

Sono certo che, per comprendere nuovamente l’identità del sacerdozio, oggi è importante vivere in stretto rapporto con la vita reale della gente, accanto ad essa, senza nessuna via di fuga”.

Queste Quattro vicinanze, pilastri della vita sacerdotale, sono una “buona scuola” per vivere il sacerdozio secondo il cuore di Cristo.

L’ordinazione sacerdotale nella vita del ministro infine, è un continuo richiamo a vivere la sua spiritualità sacerdotale e pastorale cercando di “portare avanti lo stile del Signore, che è stile di vicinanza, di compassione e di tenerezza” con tutto il popolo di Dio.

 

Secondo alcune riflessioni personali:

Credo si possa dire che il sacerdozio, nei suoi tre gradi di episcopato, presbiterato e diaconato, come ogni sacramento di Cristo, seppur istituito durante l’ultima cena, nasca in qualche modo dalla Croce.

È da quel patibolo, su cui Cristo ha dato la vita ed ha effuso il suo sangue per la salvezza dell’umanità, che prende vita e significato il sacerdozio.

I vescovi in primis, i sacerdoti e i diaconi dopo, come loro collaboratori e dispensatori della grazia di Dio, sono uomini della Croce ovvero uomini che offrono e si offrono al Signore per la salvezza del mondo, senza risparmio e senza la paura di versare il proprio sangue.

È dalla Croce, a mio avviso, che nasce e prende forma la spiritualità del sacerdote come uomo di Cristo, come Mediatore e come Offerta gradita al Padre per gli altri.

Sulla croce Cristo si è ritrovato solo, abbandonato dal Padre e dagli amici, insultato, umiliato: macinato come il grano… Allo stesso modo il prete è chiamato a far della croce, cosi come essa si presenta nella sua vita di ogni giorno, l’altare privilegiato di unità tra Dio e il genere umano, ponte tra il Cielo e la Terra, passaggio reciproco tra l’eternità e il tempo.

Il sacerdote è l’uomo, che sull’esempio di Cristo, soprattutto nelle ore più drammatiche della solitudine e della crocefissione, trae gioia e stupore per la sua vita con Cristo, scopre un’amore sempre più passionale per l’Umanità, specialmente per i poveri e gli indifesi, e la gratuità di una vita vissuta nei sentieri imprescutabili dello Spirito e della Provvidenza.

È determinante, inoltre, che il ministro sacro nutra e rinnovi le promesse sacerdotali dentro e con la comunità cristiana.

È nell’amicizia e nel servizio ai fratelli e alle sorelle, che gli sono affidati, che egli trovi la forza e il coraggio affinchè il suo essere pastore[37] e buon samaritano[38] allarghino il suo cuore alla carità di Cristo.

Infine credo che il sacerdote debba vivere la sua spiritualità sacerdotale in comunione con Colei che nel suo fiat, pronunciato nel momento dell’annunziazione e realizzatosi una volta e per sempre ai piedi della croce, ha partecipato al piano salvifico di Dio, immedesimandosi nel dolore del Figlio crocifisso e abbbandonato: Maria, Vergine e Madre.

  

Conclusione.

In queste pagine ho cercato di mettere in luce gli aspetti fondamentali e caratterizzanti del sacerdozio cristiano-cattolico.

Partendo dal significato di “vocazione”, per comprendere lo specifico della chiamata di Dio al sacerdozio, e attraverso i diversi titoli con cui questo sacramento viene definito, è stato necessario richiamare il contesto biblico sia dell’Antico che del Nuovo Testamento, per cogliere le caratteristiche di continuità e soprattutto di “rottura” come novità del sacerdozio del Signore.

Se da un lato è possibile porre il sacerdozio, quello di Cristo, in continuità con le attese messianiche di liberazione del popolo d’Israele, dall’altro lato è evidente una novità, come condizione sine qua non del sacerdozio unico e irripetibile del Signore, che lo diversifica totalmente da quello veterotestamentario, dove il progetto del Padre, ossia il perdono dei peccati e la salvezza dell’Umanità, si realizza nell’unità di Cristo, Sommo Sacerdote come offerente e, al tempo stesso, offerta.

Sull’esempio di Cristo, l’Uomo che ha percorso le strade degli uomini e delle donne del suo tempo, entrando in dialogo con ogni persona, ricca o povera che fosse e lasciandosi interpellare in ogni situazione che incontrava, il sacerdote è l’uomo della strada, dei cigli delle strade e delle periferie[39] delle città.

È la persona al servizio dei fratelli, che non ha paura di sporcarsi per amore di Cristo e di sentire su di sé l’odore delle sue pecore[40]. L’uomo che cerca di avere sempre il coraggio di prendere il largo, per gettare la rete in ogni direzione[41] della barca perché, fiducioso in Dio, sa che una volta lanciata la rete troverà pesce per nutrire ogni genere di affamati e anche la gioia per ringraziare, sull’altare, l’opera di Dio.

 

Preghiera conclusiva, recitata durante l’Anno Sacerdotale 2009[42]:

 Signore Gesù, che in san Giovanni Maria Vianney

hai voluto donare alla Chiesa una toccante immagine

della tua carità pastorale,  fa’ che…, sostando come lui davanti all’Eucaristia,

possiamo imparare quanto sia semplice e quotidiana la tua parola che ci ammaestra;

tenero l’amore con cui accogli i peccatori pentiti;

consolante l’abbandono confidente alla tua Madre Immacolata.

Fa’, o Signore Gesù, che, per intercessione del Santo Curato d’Ars, 

le famiglie cristiane divengano « piccole chiese », 

in cui tutte le vocazioni e tutti i carismi,

donati dal tuo Santo Spirito, possano essere accolti e valorizzati.

Concedici, Signore Gesù,

di poter ripetere con lo stesso ardore del Santo Curato

le parole con cui egli soleva rivolgersi a Te:

« Ti amo, o mio Dio, e il mio solo desiderio è di amarti

fino all’ultimo respiro della mia vita.

Ti amo, o Dio infinitamente amabile, e preferisco morire amandoti

piuttosto che vivere un solo istante senza amarti.

Ti amo, Signore, e l’unica grazia che ti chiedo è di amarti eternamente.

Mio Dio, se la mia lingua non può dirti ad ogni istante che ti amo,

voglio che il mio cuore te lo ripeta tante volte quante volte respiro.

Ti amo, o mio Divino Salvatore, perché sei stato crocifisso per me,

e mi tieni quaggiù crocifisso con Te.

Mio Dio, fammi la grazia di morire amandoti 

e sapendo che ti amo». Amen!

 

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[1] https://www.consolata.org/new/index.php/spiritualita/preghiere-missionarie/item/2320-preghiamo-con-san-paolo-vi-papa

[2] T. Citrini, Teologia della Vocazione, in Dizionario di Pastorale Vocazionale, a cura del Centro Internazionale Vocazionale Rogate, Ed. Rogate, pag. 1283.

[3] Idem. pag. 1284.

[4] LG n. 388.

[5] https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2022/february/documents/20220217-simposio-teologia-sacerdozio.html

[6] https://www.cittanuova.it/santificarsi-insieme-la-santita-nel-pensiero-e-nella-testimonianza-di-chiara-lubich/?ms=001&se=013

[7] Cf. LG num. 390-401.

[8] Cf. Le vocazioni come carismi, in T. Citrini, Teologia della Vocazione, in Dizionario di Pastorale Vocazionale, a cura del Centro Internazionale Vocazionale Rogate, Ed. Rogate, pag. 1290.

[9] Idem.

[10] Cf. CCC 1536-1600.

[11] M. Florio, S. R. Nkindji, G. Cavalli, R. Gerardi, Sacramentaria Speciale. II., Penitenza, unzione degli infermi, ordine, matrimonio, EDB, pag. 205.

[12] Cf. Eb 8,11.

[13] CCC 1539.

[14] Cf. M. Florio, S. R. Nkindji, G. Cavalli, R. Gerardi, Sacramentaria Speciale. II., Penitenza, unzione degli infermi, ordine, matrimonio, EDB, pag. 209.

[15] CCC 1539.

[16] Idem. 210.

[17] Cf. M. Florio, S. R. Nkindji, G. Cavalli, R. Gerardi, Sacramentaria Speciale. II., Penitenza, unzione degli infermi, ordine, matrimonio, EDB, pag. 212.

[18] Cf. Idem. 214.

[19] CCC 1544.

[20] Idem. 214.

[21] Idem. 215.

[22] Idem. 217.

[23] Idem. 218.

[24] Idem. 218.

[25] CCC 1545.

[26] Cf. Idem. 239.

[27] Idem. 242.

[28] CCC 1567.

[29] CCC 1548.

[30] CCC 1550.

[31] CCC 1565

[32] CCC 1582.

[33] CCC 1585.

[34] CCC 1587.

[35] Cf. https://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2022/february/documents/20220217-simposio-teologia-sacerdozio.html

[36] Idem.

[37] Cf. Gv 10, 11-18.

[38] Cf. Lc 10, 30-37.

[39] Cf. EG 20-24.

[40] https://www.vatican.va/content/francesco/it/homilies/2013/documents/papa-francesco_20130328_messa-crismale.html

[41] Cf. Gv 21,6.

[42] https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/prayers/documents/hf_ben-xvi_20090619_prayer-anno-sac.html

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