La CONFESSIONE… la nostra Pasqua!

 

Preghiera

Mio Signore e mio Dio,
tu conosci la mia debolezza,
la mia miseria, il mio peccato
perché sempre mi scruti,
mi conosci, mi provi, mi correggi.
Invia su di me il tuo Spirito santo,
affinché illumini il mio cuore
e io conosca i miei peccati,
mi porti grazia e consolazione
e io pianga le mie colpe,
mi riveli il tuo amore
e io speri nella tua misericordia.
Togli il velo ai miei occhi
e sarò preservato
dal grande peccato dell’orgoglio.

 

Questa catechesi, che ha come titolo “La confessione … la nostra pasqua!” sarà suddivisa in due parti.

La prima parte verterà sul significato della parola “peccato” e sulla perdita del senso di peccato, mentre la seconda parte riguarderà il sacramento della confessione.

Mi sembra opportuno, nel contesto sociale in cui viviamo e alla luce della poca pratica della confessione, soffermarmi sia sul significato del peccato e sulla debole coscienza che tanti cristiani di oggi hanno nei suoi confronti, sia sull’importanza che il sacramento della confessione ha nel cammino di fede e di santità.

In questa prima parte della catechesi non seguirò lo schema delle quattro domande: qual è il significato etimologico?, quale il fondamento biblico?, quale la liturgia del sacramento?, quale la sua spiritualità?

Questi aspetti saranno presi in esame nella seconda parte della catechesi, quando parlerò della confessione come sacramento.

 

Dal catechismo della chiesa cattolica, leggo:

« Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all’uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell’unità della sua famiglia, la Chiesa. Lo fa per mezzo del Figlio suo, che nella pienezza dei tempi ha mandato come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata »[1].

 

Il primo paragrafo del catechismo afferma che Dio ha creato l’uomo per renderlo partecipe della sua vita beata e, perché, quest’ultimo, amandolo con tutto il cuore , possa raggiungere lo scopo della vita : la felicità eterna.

Il Male, che conosce bene il progetto di Dio sull’uomo, ha cercato fin dall’inizio della creazione di allontanare costui dalla sua vocazione originale, tentandolo verso il peccato come ha fatto, inizialmente, con Adamo ed Eva e, successivamente, con tutta l’umanità, lungo il corso dei secoli.

Dio, nonostante il male e anche l’infedeltà dell’uomo, non ha mai rinnegato il suo progetto sull’uomo e sulla donna. Egli ha sempre cercato in tanti modi di riavvicinare costoro a Se stesso.

Basta leggere, a questo riguardo, alcuni brani dell’Antico Testamento, come per esempio la storia di Mosé e del popolo d’Israele prigioniero in Egitto (cfr. Esodo), per rendersi conto di quanta pazienza e misericordia Dio ha, lungo i secoli, versato continuamente sul genere umano, per riportarlo sulla buona strada.

Cosi il Signore è intervenuto diverse volte in favore dell’uomo per richiamarlo alla conversione; da ultimo attraverso il Suo Figlio Unigenito: Gesù Cristo.

Gesù, morendo sulla croce e risorgendo dalla morte, ha salvato una volta per tutte l’uomo di ogni tempo e di ogni razza dal peccato e dalla morte, ristabilendo quell’unità interrotta nel giardino dell’Eden.

Satana, da parte sua, non desiste dal rendere l’uomo infelice. Egli cerca continuamente di tentare la sua libertà nei punti più deboli, sapendolo fragile a causa delle conseguenze del peccato originale, e di spingerlo a peccare.

Lo Spirito del male, attraverso l’inganno, prova spesso a spostare la ricerca della felicità da parte dell’individuo umano altrove da Dio, verso miraggi di felicità, come quelli che avvengono nel deserto, che lasciano l’uomo più insoddisfatto di prima e smarrito nel vuoto del non-senso.

Le tentazioni del demonio, che diventano poi atti di peccato da parte dell’essere umano, provocano sia l’allontanamento da Dio che l’indebolimento della fiducia verso se stessi.

A questo punto è importante chiedersi : che cos’è il peccato e come può l’uomo rialzarsi da esso, ovverosia essere perdonato?

 

Affrontiamo ora la prima parte della catechesi centrata sul significato del peccato e delle sue conseguenze nella vita dell’essere umano.

 

Il Peccato

 

Il peccato è sempre stato un tema presente nel percorso spirituale dell’uomo di fede. Una realtà con la quale egli ha dovuto prendere coscienza fin da subito e decidere: ascoltare la voce di Dio e la sua volontà o cedere alla tentazione del demonio.

Se ci soffermiamo sulla storia del popolo eletto dell’Antico Testamento, notiamo come il peccato era una dimensione sempre presente, che Israele cercava di evitare per non rompere l’alleanza con Dio.

Invece nel Nuovo Testamento abbiamo, con Gesù, una concezione più profonda del peccato. Egli ci insegna che tale realtà non rappresenta soltanto un allontanarsi da Dio e rompere la sua allenza, ma soprattutto rompere il rapporto di figliolanza tra Dio e la creatura.

Questa nuova coscienza di peccato, sviluppatasi dal cristianesimo in poi, è sempre stata presente alla coscienza del credente, seppur in maniera diversa.

Con la fine del medioevo e l’inizio dell’epoca moderna, la società, conseguentemente alle varie scoperte sociali, geografiche, scientifiche e filosofiche, ha cominciato a vivere un cambiamento generalizzato e rivoluzionario della vita dell’essere umano e della società stessa, in cui tutto cambiava: la cultura, gli usi, i costumi e il pensiero filosofico e religioso.

Questi cambiamenti hanno generato una società occidentale non più basata su una visione soprannaturale della vita, con Dio autore e guida delle sorti dell’umanità, ma una concezione dell’esistenza basata fondamentalmente su una visione naturale: diventa vero e valido solo ciò che si vede e che si può verificare secondo metodi scientifici e tecnici.

La rivoluzione industriale ed economica, la nascita e lo sviluppo del commercio mondiale, le scoperte delle scienze umane (la filosofia, con l’illuminismo e il razionalismo) e quelle naturali (il naturalismo teorizzato da Darwin) hanno portato ad un cambiamento di vita:  da un modello di società di tipo arcaico, chiuso, limitato, ad un modello industrializzato, aperto, urbano, moderno, nel quale l’uomo si scopre diverso: non più creatura, ma centro della vita e del cosmo, fino a fargli credere di poter decidere le sorti dell’Universo.

Questi cambiamenti sociali e di pensiero sull’esistenza, hanno provocato un cambiamento anche sul piano delle relazioni umane: da sociali, comunitarie e familiari a “scambio”, a commercio, facendo quasi perdere ogni valore morale, che non sia quello della fedeltà ai patti presi, siano essi onesti o disonesti.

Questi rapporti di scambio hanno provocato nell’uomo una ricerca non più basata sulla Verità, sulla Bontà, sulla Giustizia, sull’Onestà ma sull’utilità, sul profitto, sulla produttività ovvero sul maggior guadagno, poco o nulla aperta alla comunione e al bene comune.

Si è così pervenuti ad una concezione di vita consumistica-egoistica, in cui l’altro è visto in funzione di sé stessi e del profitto che se ne può trarre.

Questo stile di vita ha mutato il rapporto tra l’individuo e l’intera società, tra l’  individuo e la sua comunità, tra l’ individuo e la famiglia. È nata una cultura in cui prevale sempre di più l’individualismo, con i suoi bisogni e le sue idee.

L’uomo in tutti questi lenti processi di cambiamento, ha creduto di poter essere autosufficiente, emancipato, autonomo, indipendente, libero di scegliere ogni cosa, fino al punto di concepirsi “auto-determinante”, nel senso che è lui che si mette in gioco e che può decidere su tutto.

Nasce un vero e proprio antropocentrismo (= una focalizzazione sull’uomo) autonomo ed emancipato, distaccato da ogni riferimento con il trascedentale, con Dio.

Si è passati da un antropocentrismo di tipo relazionale e spirituale ad un antropocentrismo chiuso in sé e autoreferenziale, cadendo successivamente in un antropomorfismo distruttivo, in cui l’uomo spesso si ritrova a servizio della scienza e della tecnica e non viceversa.

Se ci fermiamo ad osservare la nostra società odierna, possiamo notare i cambiamenti avvenuti (e che continuano ad accadere!), in cui tanti valori morali si vanno perdendo: la famiglia è continuamente attaccata e messa in crisi, i giovani si ritrovano senza punti di riferimento, la povertà di molti popoli del mondo continua a crescere, il lavoro è sempre più difficile da trovare  e ciò che una volta era più chiaro e definito oggi non lo è più, vivendo tutti in un’atmosfera del “tutto è ammissibile”.

Non va dimenticato che alla base di tutti i cambiamenti ci sono interessi economici, politici e di potere, dove  la società diventa sempre più uno spazio riservato a pochi ricchi, i quali cercano costantemente di far cadere il resto dell’umanità in quel medesimo “sistema”, progettato e riformulato per un ulteriore arricchimento a loro vantaggio ed a discapito del bene comune.

La cultura moderna e contemporanea, ponendo l’accento in primo luogo sull’autonomia e sull’emancipazione dell’uomo e successivamente (come accade oggi!) sul progresso scientifico e soprattutto tecnico,  ha guidato l’individuo ad abbandonare ogni riferimento con il trascendente, ovvero con Dio, principio e fine di tutte le cose, perdendo così il senso di sé, del vero bene e del male, del peccato e di conseguenza del poco bisogno di essere perdonati.

L’essere umano si è ritrovato, ad un certo punto, ad aver perso, come afferma il teologo Gerardi  “…la rotta, a ritrovarsi disorientato e smarrito, allontanandosi dalla méta, verso la quale è chiamato a dirigere i suoi passi”[2]; cadendo in una esistenza priva di valori etici e religiosi, “concentrata nel culto del fare e del produrre, e travolta nell’ebbrezza del consumo e del piacere”[3].

Allontanandosi da Dio, Sommo Bene, l’uomo ha perso automaticamente il senso del peccato perché ha fatto della sua libertà la principale scelta della sua vita e della sua morale e la tecnica come via di realizzazione.

Tutto questo mutamento sociale ha provocato nell’essere umano, e anche nei cristiani, non solo un rifiuto del Trascendente, ma anche una perdita del significato del peccato e della prassi della confessione.

Oggi giorno ci si confessa poco e raramente perché si ha poca coscienza del peccato, perché tutto sembra ammissibile e fattibile, soprattutto quando si prendono a difesa delle scelte personali alcuni assiomi sociali, che tali non sono, quali:

  • Sono convinto di essere libero di fare quello che voglio.
  • Penso: “Non faccio male a nessuno” oppure “Che male c’è?!”
  • Decido in base alle mie voglie, al mio desiderio e al “mi piace” o “non mi piace”.
  • Ritengo che con la scienza sia tutto possibile.
  • Sgancio la libertà da ogni riferimento morale e trascedentale.
  • Reprimo, mediante il piacere, il senso di colpa.
  • Attribuisco la mia colpa e e la mia responsabilità a terzi, cercando il cosidetto capro espiatorio.
  • Baso le scelte della vita solo sull’utilità, sul profitto e sul rapporto qualità-prezzo.

Credo che oggi siamo chiamati, più che mai, come seguaci di Cristo, a risvegliare la voce della coscienza. Ad aiutare le persone ad avere il coraggio di far verità dentro di sè ed accogliere il bisogno di perdono e di salvezza da parte di Dio.

Esiste un nesso tra senso di Dio e senso di peccato. Quanto più alto è il senso di Dio, tanto più profondi sono il senso e l’esperienza della propria colpevolezza, il riscoprirsi peccatori e avere coscienza della distanza tra sé e Dio.

Tale è l’esperienza dei santi, persone molte vicine a Dio per il loro stile di vita e tanto coscienti della loro condizione di peccatori.

Infine, a mio parere, non dobbiamo dimenticare che la perdita del senso di peccato e, di conseguenza, della confessione sono dovute sia a certe correnti psicologiche, che danno maggior importanza alle sedute e alla sola lettura psicologica, sia ad un “sentire comune” in cui la confessione viene vista come un obbligo, o un dovere o, a volte,  un fastidio, a causa della poca disponibilità e accoglienza da parte dei sacerdoti.

La pandemia del Covid-19, che tutt’ora stiamo vivendo, ha continuato quel lungo processo di cambiamenti sociali a livello planetario, provocando, da un lato, l’allontanamento dalla fede e, soprattutto, dalla pratica della fede, dall’altro lato la possibilità di annunciare con più forza il senso della vita, il senso di Dio e il bisogno di salvezza.

 

1) Che cosa significa « peccato » o « peccare »?

Ecco alcune definizioni :

  • Il peccato è l’opposizione al progetto d’amore di Dio.
  • Nel catechismo leggiamo :

« Il peccato è una mancanza contro la ragione, la verità, la retta coscienza; è una trasgressione in ordine all’amore vero, verso Dio e verso il prossimo, a causa di un perverso attaccamento a certi beni »[4].

  • Il peccato è principalmente un’offesa a Dio :

“Contro di te, contro te solo ho peccato. Quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 51,6 ), afferma il salmista nel salmo 51.

Che cosa significa offendere ?

Significa arrecare danno, ferire la sensibilità, violare, trasgredire, danneggiare.

  • Il peccato è “amore di sé fino al disprezzo di Dio [Sant’Agostino, De civitate Dei, 14, 28][5].
  • Possiamo inoltre definire il peccato in base alla legge, che difende sempre la regola, o in base a Cristo, che difende la persona. Dire che il peccato si definisce in base a Cristo, significa metterlo in relazione all’Amore.
  • Esiste una radice del peccato ?

La radice del peccato risale sia al Male – chiamato Satana o Diavolo (« colui che divide ») sia al peccato originale, sempre provocato da Satana.

Questa radice – come afferma il CCC – « è nel cuore dell’uomo, nella sua libera

volontà, secondo quel che insegna il Signore: “Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultèri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo” (Mt 15,19-20). Il cuore è anche la sede della carità, principio delle opere buone e pure, che il peccato ferisce »[6].

 

1.2) Quali sono i peccati?  Esiste una lista di peccati ?

 « La varietà dei peccati è grande, afferma il catechismo. La Scrittura ne dà parecchi elenchi. La Lettera ai Galati contrappone le opere della carne al frutto dello Spirito: “Le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il Regno di Dio” (Gal 5,19-21 ) »[7].

…e come possono essere suddivisi ?

« I peccati possono essere distinti – secondo la dottrina della chiesa – secondo il loro oggetto, come si fa per ogni atto umano, oppure secondo le virtù alle quali si oppongono, per eccesso o per difetto, oppure secondo i comandamenti cui si oppongono. Si possono anche suddividere secondo che riguardano Dio, il prossimo o se stessi; si possono distinguere in peccati spirituali e carnali, o ancora in peccati di pensiero, di parola, di azione e di omissione »[8].

Distinguo sempre in peccati in quattro categorie :

i peccati contro Dio,

contro gli altri,

contro se stessi

e contro la natura : animali e piante.

Poi possiamo suddividere il peccato secondo :

  • l’oggetto e il soggetto
  • l’età : bambino e adulto
  • la scelta di vita vocazionale
  • la partecipazione

« Il peccato è un atto personale. Abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo:

  • prendendovi parte direttamente e volontariamente;
  • comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli;
  • non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo;
  • proteggendo coloro che commettono il male »[9].

 

– Il peccato si divide in : veniale, grave e mortale.

Che cosa distingue un peccato veniale da uno grave o mortale ?

La distinzione è dovuto in base alla gravità del peccato.

  • Un peccato è veniale quando  non priva della grazia di Dio.

« Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza e senza totale consenso »[10].

« Il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell’anima nell’esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene temporali. Il peccato veniale deliberato e che sia rimasto senza pentimento, ci dispone poco a poco a commettere il peccato mortale. Tuttavia il peccato veniale non rompe l’Alleanza con Dio. È umanamente riparabile con la grazia di Dio. “Non priva della grazia santificante, dell’amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio et paenitentia, 17]»[11].

  • Peccato mortale invece è quando l’azione commessa distrugge nel cuore dell’uomo la carità, per una violazione grave della legge di Dio. (Cfr. CCC1856). Questo tipo di azione può essere rivolta sia contro Dio: bestemmia, spergiuro; sia contro il prossimo: omicidio, adulterio.

Perché un peccato sia mortale occorono tre condizioni[12] :

        • « Ha come oggetto una materia grave, precisata dai 10 comandamenti: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre” ( Mc 10,19 ). La gravità dei peccati è più o meno grande: un omicidio è più grave di un furto. Si deve tener conto anche della qualità delle persone lese: la violenza esercitata contro i genitori è di per sé più grave di quella fatta ad un estraneo»[13].
        • È commesso in piena consapevolezza.
        • Deliberato consenso.

1.3) Quali sono le conseguenze del peccato in noi stessi?

  • Allontana da Dio e dai fratelli.
  • Indebolisce la volontà, la speranza e la fiducia in se stessi.
  • Ne deforma la libertà.
  • Oscura l’intelligenza e la coscienza e affievolisce/indebolisce la volontà.
  • Ferisce l’uomo nel proprio animo.
  • Spinge all’egoismo ed alla chiusura in se stessi.
  • Espone maggiormente alla guerra… alla morte.

1.4) Che cosa genera il continuo peccare ?

Il peccato continuo genera il vizio.

 « Il peccato trascina al peccato; con la ripetizione dei medesimi atti genera il vizio. Ne derivano inclinazioni perverse che ottenebrano la coscienza e alterano la concreta valutazione del bene e del male. In tal modo il peccato tende a riprodursi e a rafforzarsi, ma non può distruggere il senso morale fino alla sua radice »[14].

« I vizi possono essere catalogati in parallelo alle virtù alle quali si oppongono, oppure essere collegati ai peccati capitali che l’esperienza cristiana ha distinto, seguendo san Giovanni Cassiano e san Gregorio Magno [San Gregorio Magno, Moralia in Job, 31, 45: PL 76, 621A]. Sono chiamati capitali perché generano altri peccati, altri vizi. Sono la superbia, l’avarizia, l’invidia, l’ira, la lussuria, la golosità, la pigrizia o accidia ».[15]

 

2) Come possiamo essere perdonati dai peccati ?

Il perdono dei peccati è sempre un un atto d’amore gratuito di Dio-Padre, attraverso la morte e risurrezione di Gesù Cristo e nello Spirito Santo.

Il perdono dei peccati è sempre un atto trinitario. Esso si può chiedere a Dio in tre modi :

  • Direttamente a Dio nel cuore, con preghiere personali, quando non occorre la confessione.
  • Durante la celebrazione della santa Messa (atto penitenziale); nelle celebrazioni penitenziali e in alcune preghiere di perdono (per esempio con i salmi e la Coroncina della Divina Misericordia), pur sapendo che quest’ultima non sostituisce il sacramento della confessione.
  • Quante volte durante la santa Messa chiediamo perdono:
      • Atto penitenziale,
      • il bacio del sacerdote al vangelo,
      • preghiere dei fedeli,
      • preghiera sulle offerte; preghiera del prete in silenzio : « Lavami da ogni colpa, purificami da ogni peccato »,
      • consacrazione: il sacerdote quando ripete le parole di Gesù: «Questo è il mio sangue dell’Alleanza, versato per molti in remissione dei peccati » (Mt 26,28).
      • Preghiera del Padre Nostro.
      • Dopo la preghiera del Padre Nostro: « non guardare ai nostri peccati… »,
      • il sacerdote in silenzio dice una preghiera per chiedere perdono.
      • L’invito al banchetto « …Signore non sono degno di partecipare… ».
      • La santa comunione.
      • Nel rito ambrosiano si chiede perdono anche alla fine della celebrazione, prima che il sacerdote dà la benedizione.
  • Sacramento della riconciliazione o della confessione, che tratteremo nella prossima catechesi.

Terminiamo con la preghiera e la santa benedizione:

Preghiamo:

          O Dio nostro Padre,

          che non ti lasci vincere dalle nostre colpe,

          ma accogli con amore chi ritorna a te,

          guarda i tuoi figli che si riconoscono peccatori

          e fa’ che riconciliati nella confessione,

          sperimentino la gioia della tua misericordia.

          Per Cristo nostro Signore.

          Amen!

Grazie!

 

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[1] CCC 1.

[2] R. GERARDI, Teologia ed etica della penitenza, vita cristiana, vita riconciliata, Ed. Dehoniane Bolognna, [1993], P.40.

[3] ReP 18.

[4] CCC 1849.

[5] CCC 1850.

[6] CCC 1853.

[7] CCC 1852.

[8] CCC 1853.

[9] CCC 1868.

[10] CCC 1862.

[11] CCC 1863.

[12] CCC 1857.

[13] CCC 1858.

[14] CCC 1865.

[15] CCC 1866.

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