Cosa fare di buono

Letture: Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-27

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Ecco, racchiuso in questa domanda, l’essere dell’uomo.

            Chi è l’uomo? Egli è colui che cerca se stesso, che cerca la verità di sé stesso. Verità che non trova se non in un uomo solo, nel quale c’è salvezza, Gesù Cristo.

Come può l’uomo arrivare  a questa verità, a comprenderla, a possederla, nel senso di farla sua? Mi sembra che la seconda lettura dalla Lettera agli Ebrei ci dà una risposta. È nel desiderio e nello sforzo di lasciarsi possedere dalla Parola di Dio, perché parola viva ed efficace, è nel rapporto con la Parola: nel lasciarsi abitare e nutrire da essa ogni giorno, che l’uomo – e ciascuno di noi – può ritrovare se stesso.

            Perché oggi la società è così confusa al punto da non sapere più cosa è giusto e cosa non lo è? Perché – a mio avviso – ha forse poche parole vere e vive e la parola di Dio è messa da parte e questo ha causato il disorientamento.

In questo stato confusionale e di sbandamento in cui si trova la società, l’uomo non riesce più a comprendersi e, di conseguenza, non riesce a comprende l’altro se non come un pericolo: l’altro è diventato il nemico e non più il fratello. Ecco allora il bisogno di qualcuno che ci aiuta a ritrovare la strada; qualcuno che ci indica il cammino, il percorso, la marcia da seguire. Per cui, domani, cosa andrete a vivere ad Assisi? Credo, usando le parole di san Pietro, sia “per dare ragione della vostra Speranza” (1Pt 3,15) di un mondo abitato dalla fratellanza universale. È per dire al mondo che la risposta alla domanda di senso, d’inquietudine e di angoscia: “Maestro che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?”è presente in colui che è il Principe della Pace, in colui che è il Signore della storia e del cosmo; in colui il cui nome è Gesù Cristo!

            Marciare per la pace: quale pace? Quella che, prima di tutto, lo Spirito santo vuole costruire in ciascuno di voi, nei vostri cuori e tra di voi. A me sembra che il contributo di pace che dovete dare, prima di tutto, è la pace, da costruire tra di voi. Questa marcia della pace deve servire a voi, a ciascuno di voi, per essere pace e per essere autentici costruttori di pace, costruttori della “Civiltà dell’amore”, espressione rivolta da Giovanni Paolo II ai giovani alla GMG di Toronto.

            Affidiamo a Maria, Regina della Pace, la marcia di domani, perché Ella possa intervenire presso Dio chiedendogli la conversioni dei cuori freddi e violenti. Sia Maria domani la vostra guida e chiediamo anche l’intercessione della beata Madre Teresa di Calcutta, vera donna di pace.

Grazie!

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